1. L’unico su cui posso contare


    Data: 29/03/2021, Categorie: Incesti Autore: mimma_goose, Fonte: RaccontiMilu

    Una serie tv inizia con questa frase: «Quando trovi quell’unica persona che ti mette in comunicazione con il mondo diventi un uomo diverso, un uomo migliore. Quando quella persona ti viene portata via, che cosa diventi allora?»
    
    È davvero stupenda…
    
    Ma io penso: e se quella persona non la incontri mai?
    
    O se quella persona è un tuo famigliare? Allora, cosa fai? Cosa sei?
    
    Ecco. Quella sono io, proprio quell’ultima frase, rappresenta me stessa.
    
    Mi chiamo Emilia e ora ho 19 anni.
    
    La persona più importante per me è mio fratello. È una cosa normale quando è l’unica famiglia che ti rimane. Io e Stefano siamo cresciuti in una casa famiglia. Quando io avevo 8 anni e lui 10, i nostri genitori morirono in un disastro naturale, e non avendo altri parenti in vita, gli assistenti sociali decisero che quella fosse la soluzione migliore. Almeno saremmo stati insieme.
    
    Erano stati molti i ragazzi sopravvissuti a quel tragico evento, perché eravamo tutti ad un campo estivo organizzato dalla parrocchia. Due settimane da trascorrere in campeggio al mare. Una festa per noi, relax per i nostri genitori.
    
    Comunque… eravamo sopravvissuti, ma a quale prezzo? Non avevamo più nessuno su cui contare. Solo noi due. Due bambini.
    
    La coppia che gestiva la casa famiglia si facevano chiamare Sorella Marta e Fratello Ettore anche se non erano una vera suora né un vero frate; erano davvero brave persone: non siamo mai stati maltrattati e abbiamo frequentato la scuola regolarmente ...
    ... (compreso le superiori e con buoni voti, devo dire), ma erano piuttosto inflessibili e moralisti nell’educazione. Tutto sommato non ci era andata male. Ci avevano insegnato a prenderci cura di noi stessi: avevamo turni in cucina e lavanderia, Sorella Marta ci insegnò a cucire e Fratello Ettore ci insegnò piccoli lavori da fare in casa (tipo riparare un guasto o cambiare la corda delle tapparelle o la serratura di una porta). Quando me ne ero andata mi avevano regalato una macchina da cucire. Non ero una vera e propria sarta, ma sapevo fare le cose essenziali, tipo un orlo, ricucire uno strappo; cose semplici insomma.
    
    In più, l’associazione di superstiti che era stata creata, aveva rappresentato anche noi nelle procedure di risarcimento, quindi avevamo avuto la nostra parte e anche se era stata vincolata dal tribunale fino alla nostra maggiore età. Perlomeno avremmo avuto di che sopravvivere per un po’.
    
    Quando Stefano fu costretto ad abbandonare la casa famiglia perché maggiorenne, era riuscito a trovare un piccolo appartamento in affitto, già arredato, vicino alla residenza. Così riuscivamo a stare insieme lo stesso e quando anche io ho compiuto 18 anni sono andata a vivere con lui.
    
    Non appena si era diplomato, Stefano aveva trovato subito un lavoro, mentre io studiavo ancora. Siamo riusciti a vivere bene con il suo stipendio perché non avevamo grosse spese, se non la spesa, le solite bollette e l’affitto dell’appartamento, che era bassissimo. E, quando era stato necessario, ...
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