1. Quel giovedì mattina


    Data: 06/10/2018, Categorie: 69, Etero Autore: taycio, Fonte: RaccontiMilu

    Avevo cambiato lavoro da pochi mesi. La nuova azienda era ben più piccola della precedente, ma grazie alla lungimiranza del vecchio proprietario aveva quello che si dice un respiro internazionale. Respiro che era capacemente sostenuto dagli eredi, Massimo ed Eleonora. Lui ingegnere elettronico sulla cinquantina, si occupava dei reparti tecnici e produttivi, lei, di cinque o sei anni più giovane, laureata in economia gestiva amministrativi e commerciali. I due reparti erano piuttosto separati: difficilmente un commerciale aveva idea di cosa succedesse giù in linea e, parimenti, in fabbrica non c’era idea della realtà dei piani superiori. Uniche rare deroghe erano concesse a noi dell’ufficio tecnico che, in fase di progettazione, dovevamo sapere esattamente cosa volesse il cliente. Nelle mie saltuarie visite ‘ai piani alti’ ebbi occasione di stringere una simpatica amicizia con Michela. Non furono tanto i capelli lunghi e mori, o gli occhioni intensi che mi fecero interessare a lei, ma piuttosto il suo sorriso e la sua lingua, tanto tagliente da farle sempre avere la battuta pronta, senza contare la naturale affinità che concedevano le nostre età, distanti solo di un anno. Da qualche battuta lì per lì, entrammo più in confidenza fino a qualche chattata sullo Skype aziendale e qualche messaggino ogni tanto. Forse non era mai capitato di telefonarsi sui cellulari personali, mai fino al quel giovedì mattina.
    
    Mi sentii squillare il telefono. Michela era coi titolari in ...
    ... compagnia di un cliente asiatico che stava discutendo di un macchinario di cui avevo seguito grossa parte del progetto. Stava avanzando delle domande molto di dettaglio e neppure Massimo era in grado di esaudirlo a pieno, così pensarono a chiedere a me.
    
    Li raggiunsi nell’ufficio della padrona, un ampio spazio luminoso con una bellissima edera che scendeva dalla libreria e due stampe naif che adornavano le pareti insieme a qualche targa delle varie associazioni industriali. Di là dalla scrivania sedeva maestosa e fasciata da un elegante tubino Eleonora: due occhi glaciali, vispi, incorniciati da una folta cascata di boccoli biondi, una femme fatale da far ribollire il sangue nelle vene. Accanto a lei un impacciato fratello e ancora di fianco Michela, più sportiva, in jeans e giacca. Davanti un cinese vestito di tutto punto che snocciolava un perfetto inglese. Mi sedetti di fianco a lui e, badando minuziosamente al non mancargli mai di rispetto, mi proposi di rispondere a qualsiasi sua domanda. Superai in grande scioltezza l’esame: conoscevo quel macchinario come le mie tasche. Fu naturale conseguenza che io mi aggregassi a loro per il pranzo.
    
    A tavola Eleonora mi fissò negli occhi e si complimentò con me per la bella figura che avevamo fatto col cliente: raramente vedeva tecnici così capaci di affrontare situazioni colloquiali. ‘Abbiamo scelto bene con te! Non trovi, Michela?! Ed &egrave pure molto molto carino’ esclamò con uno sguardo colmo di malizia. Michela rispose a tono: ...
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