1. Quella santa donna della zia sandra


    Data: 22/05/2022, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: alebardi, Fonte: Annunci69

    ... rendere il mio tono il più morbido possibile, “in questi giorni ho pensato a lungo a quello che è successo…”.
    
    Lei alzò il suo sguardo dimesso su di me, e rimase in silenzio, come se stesse aspettando che la condanna divina venisse pronunciata.
    
    Continuai: “vedi, rubare in chiesa… è veramente una cosa brutta… molto grave…”. Riabbassò lo sguardo sul pavimento. “Zia, io ci ho pensato molto, e non riesco a darmi pace. Ho bisogno di espiare le mie colpe”.
    
    Lasciai che il silenzio si impossessasse della stanza, e aspettai la sua reazione. Sapevo che non avrebbe retto a lungo e infatti, dopo alcuni istanti, mi guardò e soffiò parole talmente silenziose che feci abbastanza fatica a capire. “Perché parli delle tue colpe? Quali colpe hai tu?”.
    
    Questa volta fui io ad abbassare lo sguardo, da bravo penitente, e le risposi piano: “il silenzio! Zia, il silenzio. Io ho visto. Non posso fare finta di non sapere cosa è successo. Io ho visto e non ho detto niente”. La guardai e colsi il suo tremore. “Capisci zia? Anch’io sono colpevole, e questo peso che mi porto dentro mi sta scavando ogni giorno di più”.
    
    Mi parve di sentire lo scrosciare degli applausi dalla platea. Un’interpretazione così intensa mi sarebbe valso l’Oscar.
    
    Non a caso, lo sguardo sperduto e disperato di mia zia mi fece capire che era precipitata nella mia angoscia e la stava facendo sua. La voce le stava tremando, quando mi rispose: “no, Ale… ma cosa dici? Tu non hai nessuna colpa. Non hai fatto ...
    ... nulla”.
    
    Avrei voluto piangere, per rendere il mio dramma ancora più sconvolgente, ma non ci riuscii: “non è vero, zia. Il silenzio è forse peggio dell’azione…”.
    
    Mi prese entrambe le mani nelle sue: “Ale… ma cosa dici?”.
    
    “Si, zia. Non posso convivere con questo silenzio. Non posso andare avanti ancora a lungo”.
    
    La vidi impietrirsi e sentii la sua voce spezzarsi, ora presa dal terrore: “ma… cosa dici? Cosa vuoi fare?”.
    
    Mi alzai e recitai la parte che mi ero preparato. Aprii un’anta del mobile nel quale tenevo gli alcolici e ne tirai fuori la stampa di una fotografia. Poi, molto lentamente, tornai a sedermi alla sinistra della zia Sandra, e le misi in mano la foto.
    
    Registrai ogni secondo e godetti come un matto nel vedere il suo sguardo terrorizzato che non riusciva a staccarsi dall’immagine di lei stessa che frugava nella cesta delle offerte.
    
    “Splendida foto”, pensai. “E’ venuta perfettamente”.
    
    Ci mise almeno un minuto prima di alzare gli occhi da quell’immagine e voltarsi verso di me. E ancora qualche secondo le fu necessario per trovare le forze per parlare: “che cosa vuoi fare?”.
    
    Feci un respiro profondo, come se quello che stavo per dire mi stesse costando molto: “zia, questa è la foto che prova la tua colpa… e anche la mia. Non posso fare finta di non sapere, e…”, pendeva dalle mie labbra, “... ho pensato che, forse, la dovrei far vedere al Don…”.
    
    Raramente mi capitò di vedere una persona più terrorizzata. Iniziò a sudare, non solo per il caldo, e per un ...
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