1. Il viaggio di Cecilia 2


    Data: 10/12/2021, Categorie: Sentimentali Autore: beatrice, Fonte: EroticiRacconti

    RISTAMPA
    
    Roma - Viterbo, 1630
    
    La vettura postale come la conosciamo in questi ultimi quindici anni, era, allora, ancora poco più di un grosso carro riadattato, con una spessa copertura a volta, arrotolabile, in cuoio per creare una stanza su ruote, due panche ai lati fungevano da sedili, i bagagli (pochi) sotto di esse; uniche aperture: l'ingresso posteriore, con i suoi due gradini, ed una finestrella in alto sul davanti per poter parlare col postiglione a cassetta.
    
    Aria poca, buio e puzza in abbondanza con pioggia o vento, all'aperto con tempo bello.
    
    Mi sedetti sul primo sedile, il più vicino all'apertura posteriore da dove si entrava, almeno avrei avuto luce per leggere e aria da cacciare nei polmoni in qualsiasi momento.
    
    Salì una donna vestita da uomo con un bambino piccolo in braccio, che sembrava impaurita, si sedette davanti a me, ma, come gettò uno sguardo fuori, si alzò di scatto e andò a sedersi in fondo al carro nel punto più buio, quasi impaurita.
    
    Salirono anche due uomini. Uno, imbacuccato e che non sembrava sano, si sedette sulla panca di fronte, cacciò la sua sacca sotto il sedile col tallone e si strinse nelle spalle; l'altro, molto più giovane, si sedette accanto a me e fece scivolare una cassetta chiusa da lucchetto sotto il sedile, mi guardò, e disse allegro: "salgono gli ultimi e si parte", non raccolsi l'invito alle chiacchiere e mi limitai ad uno sguardo cortese, appoggiò le spalle alla volta, incrociò le braccia e chiuse gli occhi. ...
    ... Aveva un bel viso.
    
    Aiutai ad entrare un vecchietto, con barba e capelli lunghi e bianchi e due occhi celesti vivissimi, ringraziò con un sorriso che ricambiai, gli porsi le sue sacche di pelle logora e andò a sedersi più avanti, di fronte alla donna.
    
    Posto ce n'era ancora, forse per altre tre persone almeno, ma il fiaccheraio schioccò il frustino e i due cavalli si misero in marcia, partimmo con stridor di ferro sulle pietre. Al sesto selcio sconnesso capii già che quel viaggio sarebbe stato l'espiazione di ogni mia colpa e, quando vidi allontanarsi la porta del popolo, esclamai "a presto Roma, forse…".
    
    Il carrozzone andava piano, tanto che un uomo a cavallo ci raggiunse velocemente, infilò la faccia sua e del suo equino in quell'antro di cuoio, guardò dentro e squadrò anche me, poi mugugnò: "te trovo, zoccola de 'na Sabina...", tornò via veloce come era arrivato, superando due carretti in direzione Roma. Guardai la donna col bambino ma il piccolo non c'era, uscì poco dopo da sotto la panca. Non servirono parole.
    
    Passammo il ponte Milvio e la Cassia con le sue buche si fece subito sentire.
    
    Fatto mezzo miglio il vetturino fermò i cavalli, scese e si mise ad arrotolare le cortine: aria e luce! fu sommerso da un applauso, disse:"grazie, ma 'un è mejo pe' tutto: mo' ve tocca de magnà a pporvere, è 'na gara ar meno pejo!" e ripartimmo.
    
    Aveva ragione, la nuvoletta non tardò a sollevarsi e a colorarci i musi.
    
    L'uomo seduto accanto a me si risvegliò ad uno scossone e ...
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