1. (Grosseto) Le cicale della maremma e una vecchia contessa


    Data: 07/12/2021, Categorie: Sentimentali Autore: Familiare, Fonte: EroticiRacconti

    ... spalle il doppio cognome e patrimoni immobiliari. Mio padre vi portava via l’immondizia alle tre della mattina appeso a un camion. Puzzava come una discarica, dormiva di giorno, viveva in un buco in periferia tanto piccolo che per scoparsi mia madre doveva mandarmi fuori a giocare tra tossici e puttane. La carne la mangiavo solo la domenica, il resto era pasta coi sughi pronti e scatolette di tonno.
    
    Ancora oggi non riesco a sentirne l’odore, e sono passati trent’anni.
    
    È stato il mio vecchio a insegnarmi che la gente butta via tesori. Negli anni ’80 erano tutti ricchi, sapete. I peggiori idioti e i contadini, colti e ignoranti, tutti avevano ville, macchine, donne in pelliccia, porcellane bavaresi e calici col bordo d’oro. Noi a casa avevamo i bicchieri della Nutella e lavavamo i piatti del pranzo per usarli a cena.
    
    A vent’anni rubavo negli appartamenti.
    
    A trenta mi sono fatto due anni per ricettazione in carcere a Trieste. Siccome non lo sapete, ve lo dico io: ha le finestre con le sbarre che danno su via del Coroneo. Mi hanno tolto due anni della mia vita facendomi guardare questa gente qui che beveva l’aperitivo con donne in chiffon e l’auto sportiva. Quindi non cercate compassione nelle mie tasche, non ne ho nemmeno per me.
    
    Paola era un’altra storia.
    
    Cinque anni fa era una laureata all’accademia di belle arti che cercava un lavoro. Non l’aveva mai trovato. Sapete chi è che dice che l’Italia “è la terra dell’arte e del bello”? I figli della borghesia ...
    ... che non avranno mai bisogno di aprire un giornale di annunci. Paola lavava scale, puliva uffici, faceva la babysitter, persino la dogsitter. Era lesbica, e quindi aveva poca moneta di scambio con il mondo del lavoro.
    
    M’era finita in bottega che pesava come un pettirosso.
    
    Mi aveva chiesto se poteva fare un lavoro, uno qualsiasi, perché siccome ormai era mezza anoressica, nei bar non la prendevano perché faceva tristezza e le famiglie non la volevano perché avevano paura. A me serviva, una che ci capiva d’arte. Le davo 1200 euro al mese. Lei mi aiutava a svuotare cantine, caricare furgoni e fare le pulizie. Quando giravamo per mercatini o avevamo un momento libero mi insegnava e spiegava le correnti artistiche e quelle balle là.
    
    Non ci avevo mai provato con lei, né m’interessava. Eravamo due predatori di specie diverse che cacciavano insieme. Quando avevo detto alla contessa “trecento euro” lei non aveva battuto ciglio né guardato altrove.
    
    «Ma io non voglio soldi» aveva detto la contessa, torcendosi le mani imbarazzata «Quando sono venuta nel vostro negozio non ho detto la cifra apposta.»
    
    Era vero.
    
    Aveva messo la testa dentro, era entrata, ci aveva squadrati con attenzione e mostrato le foto del quadro, chiedendoci di andare a visionarlo di persona. Appena Paola aveva visto la firma, figuratevi.
    
    «Non capisco» avevo detto.
    
    La contessa era rimasta zitta, poi mi aveva chiesto se la lasciavo sola con Paola. Avevo obbedito ed ero uscito, avevo attraversato il ...
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