1. (Grosseto) Le cicale della maremma e una vecchia contessa


    Data: 07/12/2021, Categorie: Sentimentali Autore: Familiare, Fonte: EroticiRacconti

    ... salone e m’ero messo sulla porta a fumare una sigaretta. Ero arrivato a metà della seconda, quando Paola mi aveva messo una mano sulla spalla. Si era seduta di fianco a me sui gradini, la faccia giallognola e i pugni chiusi.
    
    «Allora?» avevo chiesto.
    
    «Vuole farci fare... cose. Cose nudi.»
    
    M’era caduta la sigaretta di mano. Lei l’aveva raccolta e aveva fatto una lunga boccata, trattenendo il fumo ed espirando piano. Non le avevo chiesto se scherzava. Non serviva. Non potevamo nemmeno prenderci del tempo per pensarci, nemmeno un giorno o una notte. Poteva succedere di tutto. Ladri, compratori, infarti, ripensamenti, non puoi mai sapere.
    
    Avevo chiesto i dettagli.
    
    Avevamo discusso pro e contro.
    
    Avevamo deciso e cambiato idea, mentre i mozziconi di sigarette aumentavano e il sole scendeva. Verso le sette avevamo sentito il suono della porcellana. La contessa aveva deposto alle nostre spalle, sui gradini del portone, un vassoio d’argento. Sopra c’erano due sandwitch tagliati a metà, una caraffa d’acqua e due calici con il bordo dorato.
    
    Si era affrettata a voltarsi e sparire all’interno.
    
    Non avevamo ringraziato.
    
    Eravamo rimasti seduti lì, sulle gradinate, a mangiare e bere in silenzio, guardando la luce del tramonto allungare le ombre degli alberi secchi. La verità è che avevamo già deciso. Nessuno si lascia alle spalle un Cèzanne, men che meno due come noi. Stavamo solo cercando il coraggio di dircelo. Era quella la parte difficile. Eravamo due cani ...
    ... randagi senza amici né fidanzate che annusavano la spazzatura del mondo. A guidare a turno di notte, a contarsi scheggie e calli, a fregare gli altri predatori, a brindare con le Moretti su un’edizione del De Bello gallico del 1783. Sempre e solo noi.
    
    «Andiamo» avevo detto.
    
    Né io né lei ci eravamo alzati.
    
    «Promettimi» aveva detto, afferrandomi la mano «Prometti che tra noi non cambierà niente. Saremo ancora una squadra.»
    
    Le avevo mentito guardandola negli occhi. Lei aveva fatto finta di credermi allo stesso modo. Poi eravamo entrati in casa, trovando la vecchia sul cellophane del divano con un bicchiere di vino e una candela accesa. Aveva l’aria assente e avevo dovuto fare un colpo di tosse perché si voltasse. Ci aveva squadrati, poi l’avevamo seguita su per una scalinata di graniglia. C’era un disimpegno con il parquet a spina di pesce rovinato, e lampadine a basso consumo che penzolavano dal soffitto.
    
    Aveva girato la chiave di una porta.
    
    Era una stanza arredata interamente anni ‘50, con alcuni mobili di design.
    
    A differenza del resto della casa, era ben tenuta e non c’erano teli né cellophane. Il letto era fatto, le lenzuola di lino ricamato erano fresche, e c’era un copriletto dorato. Ci eravamo fermati d’istinto sulla soglia, mentre la contessa apriva un armadio e ne tirava fuori un frac e un vestito da cocktail blu, con la vita stretta, la gonna ampia, le maniche a sbuffo e il colletto.
    
    Li aveva appoggiati sul letto e se n’era uscita.
    
    Io e Paola ...
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