1. La felicità


    Data: 10/10/2020, Categorie: Cuckold Etero Lesbo Autore: iranes, Fonte: RaccontiMilu

    ... capito! L’ha ripresa la proprietaria ieri»
    
    «Ma che sta dicendo? Sono io il proprietario! Quella moto era mia!» mi guardò sorpreso, ma disinteressato
    
    «Mi spiace. È arrivata, ha messo in moto ed è andata via» fui distrutto, mi avevano rubato la moto. Ripresi i mezzi al ritorno, senza capacità neanche di inorridire di quanto vedevo e sentivo. Scesi davanti al commissariato di polizia ed entrai. Seconda denuncia in pochi giorni, sempre per un furto.
    
    «Buongiorno, devo denunciare il furto della mia moto»
    
    «Perché è così abbattuto? Potremmo ritrovarla, sa? Seconda porta a destra» mi disse solare l’agente alla portineria. Valicai l’entrata con più tranquillità, quelle poche parole mi avevano migliorato l’umore nero. Mi presentai ai due agenti e mi sedetti per dare tutti i dati e spiegare la vicenda. Rimasi lì una mezz’ora, mi domandarono di tutto e mi fecero i complimenti per la moto
    
    «Senta, me la ritroverete, vero?» chiesi speranzoso a fine denuncia
    
    «Sinceramente, non credo. È probabile che sia già stata smontata ed usata come pezzi di ricambio» mi sentii distrutto
    
    «E la mia vecchia denuncia per il furto?»
    
    «I colleghi l’hanno contattata?»
    
    «No, nessuno mi ha contattato»
    
    «Allora credo che sia molto difficile ottenere qualcosa, mi spiace» mi crollò tutto addosso. Il lavoro di una vita perduto per dei miseri pezzenti ladri. Ero distrutto. Mi avviai verso casa di Marta, con le spalle curve e poca voglia di pensare. Stavo per rientrare, quando mi squilla il ...
    ... telefono
    
    «Marco!» esclamai felice, la prima buona notizia della giornata stava per arrivare. Sarei tornato al lavoro
    
    «Simone, senti. Mi spiace dirtelo così, ma ti devo tagliare. I problemi con la squadra e il personale perso sono stati troppo gravi, non ho potuto proteggerti…»
    
    «Marco, ma che stai a dire?»
    
    «Riceverai una lettera di licenziamento, percepirai questo mese e la buonuscita, ma il rapporto di lavoro è concluso da oggi. Ciao»
    
    «Marco!» urlai nell’apparecchio, ma il mio amico aveva già riagganciato. Mi avevano scaricato, me, il migliore. Ero distrutto. Tremavo mentre rientravo da Marta, ero a pezzi.
    
    Un lampione illuminava debolmente la strada, la pozzanghere riflettevano la fioca luce e il mio volto stanco che si specchiava in esse. Avevo corso, avevo corso tanto ed ero stanco. Non ero, però, stanco di correre, non era il fiato a mancargli, non erano le gambe ad essere senza forze. Era lì cuore a farmi male, faceva male da quando avevo cominciato a correre.
    
    Mi sentivo solo, io che nella solitudine ero sempre stato bene, per la prima volta nella mia vita mi sentivo impotente.
    
    Mi sedetti sul marciapiede, i piedi dentro una profonda pozzanghera, le lacrime che si mischiavano alla pioggia e il lampione che debolmente mi illumina per proteggermi da quell’oscurità che tutt’intorno mi avvolgeva.
    
    Non c’era futuro, non c’era speranza nel mio cuore. Sapevo quel che avevo fatto, ma non lo volevo accettare. E allora mi alzai, stanco e con il cuore in ...