1. La felicità


    Data: 10/10/2020, Categorie: Cuckold Etero Lesbo Autore: iranes, Fonte: RaccontiMilu

    ... agitarsi e tendersi come una corda di violino. Il suo orgasmo tirò il mio e insieme urlammo
    
    «Argh!» e un suono animalesco si diffuse nell’aria intorno a noi. Crollai ansante sul divano con lei sopra di me che sembrava più morta che viva. Con un grande sforzo provai a sollevarmi
    
    «Aspetta, stiamo un po’ così» mi sussurrò piano
    
    «Ma domani devi andare a lavorare» le ricordai. Sbagliai le parole perché scocciata si alzò e si avviò verso la camera da letto. Ci addormentammo senza più dirci una sola parola.
    
    Mi svegliai solo a mattina inoltrata, Marta era già andata a lavorare, chissà quanto aveva dormito. Mangiai qualcosa da solo e restai tutta la giornata a riposare, mi sentivo stanco e spossato nonostante non stessi facendo niente. Quando rientro mi sembrò un miracolo, la strinsi a me la condussi sul letto, era come un posto magico. Su quel letto esistevamo solo noi due, nessun altro e nient’altro. Scopammo ogni sera, appena lei rientrava, poi la vedevo mettersi ai fornelli e cucinare qualcosa, fu un breve periodo, però. L’incantesimo si ruppe dopo un po’, io ero stanco di rimanere a casa. La mano era guarita, ma Marco non voleva chiamarmi per altri lavori, parlava di stress e cazzate varie: “Questo non vuole farmi rientrare, ma è scemo?” mi chiedevo tra me, nel frattempo Marta aveva smesso di cucinare e ultimamente mi respingeva, le donne saranno sempre una specie misteriosa. Si lamentava del mio non fare niente, ma non la capivo. “Stavamo a casa sua e avrei dovuto ...
    ... fare io?” volevo parlargliene quel giorno, ma neanche due secondi dopo aver posato la borsa il telefono iniziò a suonare
    
    «Scusa Simo, devo rispondere» e lei si allontanò.
    
    Che serata di merda che passai. Marta non mi si era interessata per niente a me, dopo quella telefonata sparì, parlò pochissimo e scappò a dormire. La ferita alla mano era guarita, ormai era tempo di andare a prendere la moto. Decisi che il giorno dopo lo avrei fatto, almeno avrei impiegato la giornata.
    
    La mattina dopo mi imbarcai per il lungo viaggio, con i mezzi infernali che tanto odiavo. Arrivai all’hotel dopo due ore in mezzo a gente puzzolente e sporca, con vecchi rincoglioniti e maleducati di ogni sorta, mancavano solo le mamme con i bambini urlanti in carrozzina e il quadro poteva dirsi completo. Scesi e mi feci gli ultimi metri a piedi, avevo un bisogno di aria pulita e preferii farmi gli ultimi mille metri a piedi piuttosto che sull’autobus. Entrai nel parcheggio dipendenti e andai a prendere la mia moto.
    
    “Ma che cazzo?! Eppure era qui. Ma dove l’ho messa?” mille dubbi cominciarono a salirmi alla mente, non trovavo la moto. “E se ricordassi male e l’avessi parcheggiata altrove?”. Cominciavo a disperare “Non possono avermi rubato pure la moto!” e sull’orlo di una crisi di nervi mi rivolse al custode del parcheggio
    
    «La moto rossa che era parcheggiata qui, dov’è?»
    
    «La moto rossa?» mi chiese pensieroso
    
    «Sì, quella che aveva la marmitta cromata e le ruote con i raggi blu»
    
    «Ah, ...
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