1. Daniel


    Data: 04/12/2019, Categorie: Autoerotismo Etero Incesti Autore: Tequila, Fonte: RaccontiMilu

    -Oh my God, fuck me so hard!- urlò la biondina sullo schermo, continuando a cavalcare selvaggiamente l’enorme cazzo del ragazzo muscoloso sotto di sé.
    
    Le dita continuavano a muoversi frenetiche sul mio clitoride, già di per sé sensibile a causa dell’orgasmo avuto poco prima: non riuscivo a smettere. Ero così eccitata che sentivo che sarei potuta andare avanti per tutta la notte, e tutto per colpa sua, di Daniel.
    
    Non riuscivo a togliermi dalla mente il suo corpo statuario, quelle spalle possenti dovute ad anni ed anni di allenamenti in piscina, quelle braccia muscolose grazie alle ore passate in palestra, quegli occhi neri come la pece che mi guardavano con dolcezza, quelle mani grandi, sempre forti e al tempo stesso delicate al tatto, a quelle labbra carnose sempre pronte a distendersi in un sorriso luminoso. Ma c’era dell’altro: quello che mi aveva portata a quello stato di eccitazione estrema quel giorno. Appena rientrata da scuola lo avevo sentito ansimare, gemere ed imprecare contro Claudia, la sua fidanzata storica in camera sua. Non riuscivo a smettere di immaginare il suo cazzo: lo immaginavo lungo, grosso, con la cappella grossa e lucida dal liquido seminale e dalle palle piene e gonfie.
    
    -Dio, Daniel!- gemetti sommessamente, sentendo le gambe tremare e gli occhi stringere. Il ventre continuava a scuotermi e la mia piccola fighetta pulsava di eccitazione.
    
    Spalancai le gambe più che potei sollazzando velocemente il clitoride, spalancando la bocca in un muto ...
    ... urlo liberatorio. Venni copiosamente, sentendo le tempie pulsare e le dita piene dei miei umori. Volevo Daniel, volevo i suoi occhi, il suo corpo, la sua bocca, il suo cazzo tutto per me. Lo volevo.
    
    Chi era Daniel? Il mio caro, fantastico e formidabile fratello maggiore.
    
    CAPITOLO 1
    
    Dio, che stanchezza. Era stata una giornata estremamente pesante: quelle due ore di matematica mischiate alle altre due di economia aziendale mi avevano fuso il cervello. Per non parlare di quella singola ora di italiano e della fastidiosissima voce della mia insegnante: non c’era nulla di più estenuante del venerdì. Sentivo che la testa sarebbe scoppiata a momenti, e se solo avessi sentito nominare un numero avrei dato di matto.
    
    -Ciao mamma!- salutai la donna, che appena entrata avevo incrociato sull’uscio della porta.
    
    -Ciao amore. Com’&egrave andata a scuola? La prof ha consegnato le verifiche di matematica?- mi salutò con due baci sulle guance, come era solita fare. Mia madre era una donna fantastica: cinquanta anni e non sentirli. Lavorava come infermiera in una casa di riposo ed era la migliore del suo reparto: stimata da amici e colleghi, sempre pronta a dare una mano e a spendere due parole per aiutare la gente, era una persona altruista, allegra e molto positiva. Sola, da quando avevo cinque anni, era stata abbandonata da mio padre, famoso avvocato di una certa importanza il quale aveva deciso di scappare con la sua segretaria, aveva fatto da madre e da padre sia a me che a ...
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