1. Detestabile viltà


    Data: 24/09/2017, Categorie: Etero Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    ... vivacizzando la notte più fosca e tetra della tua esistenza.
    
    Lei era molto intirizzita, questo era ovvio e tangibile, avvolta nel soprabito corto che scopriva magnifiche porzioni di merce in vendita, artificiosamente ossuta e scarna con le gote infiammate dal gelo mi fissava per l’occasione con occhi amorevoli, bonari e indulgenti. Nessuno, dall’infortunio, m’aveva più osservato in quel modo, probabilmente nemmeno prima, eppure sembrava che quella donna seppur totalmente forestiera avesse pienamente la capacità, la competenza e la vastità di discernere ravvisando e comprendendo, spingendosi in ultimo oltre il rivestimento deforme della membrana che accoglieva il mio animo afflitto e sofferente. Non aveva dubbi né inquietudine né paura né sgomento, nessuna diffidenza né indecisione nel suo sguardo né nel suo atteggiamento, nessun segno di ribrezzo. Per un istante mi sentii come se al posto mio ci fosse un’altra persona, rapidamente mi girai addirittura per accertarmi che in realtà non stesse guardando qualcun altro oltre le mie spalle, ma là intorno non c’era nessuno.
    
    In quel momento, voltandomi, individuai nuovamente il suo armonioso e tenero sorriso, giacché non potei fare a meno di ricambiare, anche se sapevo che al massimo sarebbe sembrato un ghigno, eppure lei non staccò lo sguardo. Lei si faceva appellare Ludovica, perché senza pretendere avevo cognizione che non era il suo nome vero, tenuto conto che quello riposava inattivo scordato negli avvallamenti ...
    ... dell’intelletto infossato tra rammenti ammassati di quelle innumerevoli increspature amare, infauste e sfortunate, fintanto che nell’auspicio e nella chimera di sopravvivere a se stessa e di riguadagnare un bilanciamento, negoziava la penitenza giornaliera della sua inclinazione atipica e inconsueta, con la creazione di un’identità nuova e diversa. Capivo anche senza sapere. Non m’importava.
    
    Io le domandai se avesse un posto dove andare, profetizzando le scuse imbarazzate e turbate che stavano per sopraggiungere. Un’infinità di volte le avevo origliate negligentemente, durante il tempo in cui i miei occhi sfogliavano e divoravano giustezze, obiettività ed esattezze differenti nelle iridi delle mie interlocutrici occasionali, ciò nonostante lei non inventò frottole né imposture di circostanza, perché sorridendo in maniera demoralizzata e scoraggiata mi sollecitò piuttosto se potessi portarla a casa mia, io senz’esitare misi in pratica l’evento senza fare domande. In nessun caso, prima d’allora, mi ero reso conto di quanto fosse insulso e minuscolo il mio appartamento. Accumuli d’indumenti sparpagliati e stoviglie affastellate ci accolsero con il caratteristico olezzo di chiuso, di muffa rancida, peraltro esanime, inerte e sfuggente, così come precisamente le piaghe individuali che ambedue agognavamo di celare e di mimetizzare vivendo. Svestendosi del pastrano cercò d’imprigionare il mio sguardo trasognato nell’ammirazione del suo corpo chiedendomi:
    
    ‘Immagino tu abbia qualcosa da ...