1. Un’essenza rara


    Data: 21/01/2019, Categorie: Dominazione / BDSM Erotici Racconti Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Lo stanzone era lungo una ventina di metri, a destra le pareti d’un colore metallico color bronzo violaceo, che riflettevano sulle finestre di vetro oscurate da cui si vedevano peraltro le vetrate degli altri grattacieli, al centro invece un gigantesco tavolo ovale per i congressi d’un freddo e lucente color mogano, in fondo al salone viceversa, dietro la scrivania, s’innalzava una poltrona che sembrava un trono di cattivo gusto voltata di spalle. La porta dietro di me si chiude pesantemente senza preavviso, io mi volto appena un secondo per guardarla, sento una musica in sottofondo, ma &egrave talmente camuffata in quell’ambiente privo di passionalità e di spontaneità, visto che non riesco a percepirne la melodia.
    
    Il trono si gira, lui m’appare come una scultura frapposta e incastonata in una montagna, in quanto la distanza &egrave tale che nonostante i suoi centocinquanta chili riesce a confondersi disinvoltamente nell’ambiente circostante. Un attimo prima d’incamminarmi noto il marmo color verde del pavimento, dato che sarà costato una cifra e tenerlo così pulito sarà stato di certo un bel lavoro di squadra. I miei passi si diffondono nel locale e i miei tacchi a spillo sembrano dei martelli d’una grossa campana. In quel momento giro intorno al tavolo dalla parte della parete senza vetri, perché ho paura della sensazione d’agitazione e di vuoto che mi procurano le grandi vetrate dei grattacieli, così mentre avanzo scivolo con le dita della mano sinistra sulla spalliera ...
    ... metallica e fredda delle sedie, una a una, sino a quando la curvatura dell’enorme tavolo piega decisa a sinistra io mi ritrovo in mezzo al vuoto privata del tutto d’appigli. Mi fermo di nuovo e cerco d’allontanare e d’eliminare questo senso d’inquietudine e di tensione che mi porto appresso, siccome sono chiusa in una gabbia, seppur d’oro.
    
    ‘Vieni avanti, avvicinati pure’.
    
    La sua voce mi scuote e alzando lo sguardo riprendo a camminare. Quell’uomo io l’ho conosciuto a una festa organizzata tre mesi fa in un’antica villa in stile vittoriano, lì era vestito di bianco e illuminato dal sole, dal momento che sembrava un individuo completamente diverso, forse &egrave per quel motivo che accettai il suo invito. Sembrava diverso da come lo esamino all’istante, ha l’aspetto d’un capoccia imprendibile, inabbordabile e poco socievole di qualche potente e ricca organizzazione. Il suo nome, Sonny, &egrave famoso tra i meandri dell’alta finanza e anche per le sue manie di grandezza, assieme ad alcuni non meglio identificati e riconosciuti capricci e vizi. Inaspettatamente mi sentii libera e sfrontata, evidentemente il mio carattere riesce a mascherare bene certi disagi e certi impicci. A quel punto tirai fuori dalla mia valigetta di pelle nera un fascicolo e lo lasciai cadere con noncuranza sulla scrivania sopra le sue carte. Il suo sguardo cercò di colpirmi, ma un grande sorriso occupò il posto del risentimento e dello sdegno:
    
    ‘Ogni parola &egrave un debito, però non abbia fretta ...
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