1. Vostro, non più mio


    Data: 12/10/2018, Categorie: Erotici Racconti Autore: Chiara018, Fonte: RaccontiMilu

    ... vivendo, nonostante il “gioco” cui stò giocando preveda questi distinti ruoli.
    
    Anche il “normale” rapporto master-slave può non esser normale. Una sottocategoria della anormalità del bdsm. E, sotto a questa, infinite sotto-sotto-categorie, sotto-sotto-famiglie, più eccezioni, che regole.
    
    Una cosa è certa, l’incertezza, l’indefinito. Non come incompiutezza imperfetta, ma l’esatto opposto.
    
    Un opera finita è terminata, appunto, è li, impacchettata,creata e portata a termine senza la possibilità di redenzione, evoluzione, miglioramenti, cambiamenti. E’ staticità pura, è vincolo, è quello e non può essere nient’altro, una volta completata e determinata. E’ quello che voi definite “stabilità. normalità”
    
    L’indefinito, l’incompiuto, è potenza, parlando in termini aristotelici. Perde la definizione e la concretezza dell’atto, ma mantiene caratteristiche vitali, continua a svilupparsi, a mutare, ad essere alimentato a non essere sottoposto a vincoli di alcun tipo, fuorchè quelli che provengono dal suo interno. E’ pura instabilità, quella che voi tanto temete, perchè non vi permette di prevedere nulla, di essere certi che il vostro comportamento sia sempre e comunque quello giusto e consono per ogni determinata occasione.
    
    Ma, questa instabilità è Vita. E’ la causa della famosa “insoddisfazione” di cui vi accennato proprio all’inizio.
    
    Perchè per poterci definire soddisfatti, siamo convinti che sia necessario completare qualcosa. Passare necessariamente dalla potenza ...
    ... all’atto. Ma quando l’atto è in atto, appunto, è drammaticamente concluso. Ed allora lo guardiamo, lo riguardiamo, lo osserviamo e notiamo i tanti piccoli particolari che avremmo potuto aggiungere, limare, creare in modo diverso, che forse avrebbero reso quell’atto migliore.
    
    La potenza è l’esatto opposto, E’ fango che non si asciuga, che possiamo continuare a plasmare e nostro piacimento, a seconda delle diverse circostanze, degli impulsi di quel determinato momento, dei nostri “noi” che si alternano durante il corso della nostra vita.
    
    E’ il cambiamento che, per molti, è follia. E’ il restare sempre in uno stesso luogo, con la propria lingua, leggi ed usi e costumi. Come se l’essere umano fosse un atto terminato, non una creatura in continuo mutamento.
    
    Questo, signori della giuria, è quello che sono. O, per lo meno, quello che stò imparando ad essere, che vorrei essere, indeterminatamente Me.
    
    Se ho paura, mi domandate? Quanto mai avrei pensato potessi averne. Sono terrorizzata. Ho paura di me stessa, di essere fango troppo morbido o troppo solido.
    
    Temo di perdermi, essere risucchiata da questa “cosa” e non riuscire più a ritrovarmi, come un vortice, che cattura, travolge, distrugge e sputa fuori in pezzi. Non voglio essere ciò che non voglio, ma ho paura di correre questo rischio. Il vuoto troppo vuoto è riempibile senza condizioni, a totale discrezione di chi lo possiede. E se un giorno, guardandomi allo specchio, vedessi un’immagine di me che non mi rispecchia, ...