Metti una sera in treno
Data: 14/06/2018,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Sensazioni
Autore: Black_Prince, Fonte: RaccontiMilu
... bagni sembrano illuminati.
Entro di corsa nel bagnetto e dopo poco ne riesco, più rilassata, per lavarmi
le mani. Mentre l’acqua mi scorre sui polsi sento una mano afferrarmi i
capelli, tirarmi indietro la testa, l’altra tapparmi la bocca. La stessa voce
che mi aveva chiesto mezz’ora prima “E’ libero?” mi intima di non parlare:
sembra che mi chieda “E’ libero?” di nuovo. E io vorrei rispondergli “No, è
occupato!”, ma la mano che mi tappava la bocca ora mi sta sollevando la gonna,
mi sta liberando dagli slip, mi scorre lungo la fica, mi accarezza il culo. E
la mia bocca non urla, anzi sussurra “Certo che è libero, serviti pure”. Sì,
una frase assurda, cretina, ma era dettata direttamente dalla mia fica, che non
potendo parlare si stava bagnando come da mesi non faceva più. Mi tira i
capelli sempre più piegandomi indietro la testa, mentre due dita si fanno largo
tra le mie grandi labbra. Spingo il culo all’indietro, facendomi penetrare
sempre più dalle dita e sentendo che il gonfiore dei Levi’s che avevo scrutato
in treno era veramente un cazzo gonfio. Cerco di sbottonargli i pantaloni,
senza riuscirci. Mi lascia i capelli e si sbottona da solo, io spingo il mio
culo sempre più verso di lui inarcando la schiena. Come d’incanto mi sento
aperta, penetrata, spinta, compressa, invasa. Sento caldo tra le cosce, sento
la cappella ...
... che mi allarga il profondo, sento l’asta che mi apre le piccole
labbra, i suoi fianchi spingere sul mio culo. E’ sempre più profondo, sento il
caldo salirmi allo stomaco, alla bocca, alla testa, la mia mano prende la sua e
la implora di strizzarmi un capezzolo, mentre l’altra sua mano mi sfrega il
clitoride. Non capisco più nulla, mi sento gridare, mi sento venire, mi guardo
godere, poi godo per davvero, sciogliendomi sul lavandino. Ora lui spinge più a
fondo, sento la sua cappella sempre più grossa aprirmi il fondo della fica, lo
sento ansimare sempre più velocemente. Solo allora mi libero dalla sua morsa,
quando è più sguarnito, più sorpreso, più indifeso, e lo spingo via dalla mia
fica, dal mio sedere, dal lavandino. Mi volto, incrocio il suo sguardo
attonito, mi inginocchio e gli prendo la cappella in bocca, fino a che non mi
inonda la gola con il seme caldo, senza distogliere i miei occhi dai suoi.
Neanche una goccia volevo lasciargli, lo succhio, lo lecco, lo pulisco, alla
fine, bevendo tutto quello che sprizzava dalla punta congestionata della sua
cappella.
Come uscimmo non lo ricordo, insieme, separati, prima lui poi io, proprio non
ricordo. Ricordo solo che quella sera, dopo aver mangiato molto più tardi del
solito, dopo tanti anni.
Alla mattina mi sono svegliata vicino a mio marito… ed ero in ritardo per il mio treno….