1. Veni, Vidi e (non) Vici


    Data: 25/06/2022, Categorie: Comici, Autore: mare_di_beaufort, Fonte: EroticiRacconti

    ... impressionava. Pareva una ballerina di tango, un viso affilato ma non duro. Una mente sopra il corpo, una mente al servizio del corpo e di sicuro ci sapeva fare con entrambi. I capelli corti, quasi da maschio, neri come la pece, proprio come garbano a me. E uno sguardo con occhiata laser annienta-plebe.
    
    Mi invitò ad entrare e nel mentre gli avevo appena allungato la giacca, prima ancora che la appendesse, eccolo, uno squillo ed era per me. L’Elisabetta, per senso della cortesia, immagino, fece per prendere il cellulare che tenevo in tasca per allungarmelo ed, invece, che ti tirò su, inavvertitamente, al posto del telefono? La confezione dei Durex. Bella figura da morto di figa, vero? Si vede che l’esordio saltellante non m’era bastato. Non riuscii ad intendere se la cosa fosse una minima occasione di complicità oppure se era appena iniziata la mia rapida retrocessione agli inferi.
    
    Per qualche istante si chiacchierò del più e del meno, con un sottile senso dell’inquisizione subita da parte mia. Che ti frega di dove sono? Perché debbo raccontarti una balla a dirti che abito ad Asola o a Bozzolo? Adesso, di punto in bianco mi metto ad urlare e vediamo l’effetto che fa. Queste erano le ansie che respiravo intanto che mi stava preparando un caffè. Chinata sulla moka mi dava le spalle e gli occhi glieli avevo piantati nel sederino. Era un cristallo di Murano dentro braghe da cavallerizza. Mica leggins o jeans strappati, cotanto nobilculo era tenuto al caldo dentro abiti da ...
    ... domatrice di tori. E le chiappe erano così alte che chiedersi dov’era il cric invisibile che le teneva su.
    
    Il linguaggio del corpo del sottoscritto nel frattempo immagino dicesse tutto e di tutto: le gambe le avevo attorcigliate lungo la sedia, le braccia più in guardia di un boxeur ed il cazzo ritirato dentro a riccio.
    
    Poi arrivammo al sodo. “Sai che l’Elisabetta ha due vizi?”, esordì lei al servizio.
    
    “Ah, sì?”, io in risposta.
    
    “Mi piace fare sesso in pubblico. Non sei mai capitato sul tardi nel parcheggio Crostolo sull’A1, eh?” e ad avvalorare l’inclinazione c’attaccò qualche altro aneddoto illustrativo delle sue prestazioni outdoor. Una sopra un traghetto, un’altra, di notte, al parco del Popolo.
    
    Io guardai fuori incredulo. Attraverso la grande vetrata che chiudeva la parete splendeva una magnifica giornata di sole. L’Appennino sullo sfondo scintillava ed era un trionfo di luce. Sterminati campi coltivati a grano e neanche un anima viva nel raggio di un miglio, figurarsi un guardone. Il deserto rurale reggiano, soli, io ed una tizia che l’avrebbe volentieri fatto al centro di San Siro.
    
    Però l’idea d’impecorarla lì sulla vetrata, magari mentre per strada passava un trattore, mi parve grandiosa. Una prodezza da podio olimpico di cui vantarsi al bar per anni. I Ris avrebbero rilevato l’ordito delle impronte digitali sulla lastra e da quella ragnatela incasinata di polpastrelli sarebbero risaliti al come&dove. Tante belle figurine di gesso disegnate sul vetro, ...
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