1. Jessica cerca aiuto


    Data: 26/04/2022, Categorie: Lesbo Autore: robertelle, Fonte: EroticiRacconti

    ... il disastro sociale. Poi lo feci sedere, lo indussi a ragionare: “Vuole rovinare se stesso e sua figlia? Impari a rispettarla. Sua figlia verrebbe posta sotto tutela…”. Lui, cominciò a darsi martellate sui coglioni: “Sì, da quando mia moglie è partita ho sbagliato tutto…Non sono come posso sembrare, sono uno per bene…”. Andò avanti per un pezzo, aveva paura vera eppure fingeva, ma promise solennemente, pensai speriamo bene.
    
    Passò forse una settimana, poi la ragazza mi chiamò al telefono e mi disse: “Tutto bene”. Sembrava sollevata, non si sbilanciò più di tanto, però mi ripeté due o tre volte che “adesso andava tutto bene”. “Chiuditi sempre in camera. Non ti fidare troppo” le dissi e chiusi la telefonata.
    
    Venne l’estate ed era quasi finita quando un pomeriggio l’usciere mi annunciò che c’era la signorina Jessica C. che chiedeva d’essere ricevuta. La feci entrare, stava bene la ragazzina, s’era affusolata, era pure abbronzata, portava una top turchese con pantaloni a sigaretta bianchi e scarpe con i mezzi tacchi, una bella differenza dalla prima volta.
    
    Mi alzai, la baciai sulle guance, le chiesi come stava. “Dottoressa ho pensato tanto a lei…solo lei mi può consigliare, quest’anno sono ripetente, ma avrò la maturità e devo scegliere la facoltà”. Cominciammo a parlare, naturalmente voleva fare la giornalista, oppure, oppure…insomma qualche idea l’aveva, ma ben confusa. Come potevo darle un consiglio se neppure la conoscevo? Glie lo dissi e poi aggiunsi: “Se puoi vieni ...
    ... da me sabato mattina e passiamo insieme un paio d’ore”. Le diedi l’indirizzo e la congedai.
    
    Un attimo dopo, riflettendo meglio, pensai di essere stata imprudente. Dopotutto la ragazza era da poco maggiorenne e io mi stavo interessando a lei senza parlarne col padre. Così a casa attivai il sistema di registrazione, lo stesso che avevo fatto istallare in ufficio.
    
    Jessica C. arrivò poco dopo le nove. Nel soggiorno, che aveva anche un angolo-ufficio, le offrii un caffè con panna. La indussi a parlare, abilmente inserii nella conversazione la data e l’ora dell’incontro, la guidai praticamente verso un riassunto nel quale spiegava che mi aveva chiesto un colloquio per la scuola, che era lei che mi aveva cercata, ecc. Quindi chiusi lo spiraglio del cassetto che interrompeva automaticamente la registrazione. Lei continuò a parlare “Dottoressa che bella casa, dottoressa anche i fiori…”. Si era alzata, le feci visitare l’alloggio, che poi aveva solo tre stanze, ma certo probabilmente risaltava rispetto al suo anche per via della mia professione. Era eccitata, tutto le piaceva. Le dissi “Non chiamarmi dottoressa, chiamami Liliana”. Mi prese le mani: “Vorrei tanto esser come lei, avere la sua sicurezza e il suo gusto”. Le diedi un piccolo tenero bacio sulla guancia: “Aspetta d’avere quarant’anni…Dai dimmi qualcosa di te. Hai il ragazzo?”. “Per ora no, siamo più un gruppetto di amici e amiche…facciamo qualcosa - rise un poco vergognosa, ma allegra e complice - niente d’importante”. ...
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