1. Ora et labora


    Data: 12/01/2018, Categorie: Sesso di Gruppo Trans Tabù Autore: Maulahaie, Fonte: xHamster

    ... sue prime parole furono: „Vieni, si entra per di qua“. Quando entrammo, nella stanza erano già presenti altre suore di vario rango. Seguii la Madre Superiora finchè non mi disse di fermarmi proprio in mezzo alle nuove sorelle.
    
    L'evidente austerità e distanza del suo portamento e della sua voce venivano però tradite dall'aspetto delle sue mani, lisce e ben curate, come se quell'abito nascondesse debolezze femminili, umanamente comprensibili, ma di certo non esemplari al resto del convento. Durante la prima conversazione con la Madre Superiora annuivo distrattamente, impressionata da quella che sarebbe diventata la mia nuova casa, quasi ipnotizzata dall'intercalare incessante e deciso della venerabile consorella, intontita com'ero dall'aria pregna dell'aroma inconfondibile d'incenso appena acceso, a cui si aggiungevano le sue severe parole. Credo che la sorella avesse quantomeno intuito che il luogo non mi andasse proprio a genio, non nascondeva il fatto di essere infastidita dalla curiosità che zampillava dalle mie pupille verdastre...per questa ragione mi fissava in maniera sempre più insistente e penetrante, quasi volesse entrare nei miei pensieri, scoprire i peccati della nuova arrivata.
    
    Disse, schiarendosi la voce ed affannandosi nel contenersi da superflui rimproveri, con un fare piuttosto cerimonioso: „La nostra novizia, oltre a dover sottostare alle nostre rigide, ma giuste regole, dovrà trovare un nome adatto che sappia celebrare la sua rinascita come ...
    ... appartenente a quest'ordine. Si è deciso che si chiamerà Lucia, per cui il suo nome da oggi in poi sarà suor Lucia Maite.“ Dopo le solite raccomandazioni mi congedò ed io mi ritirai nella mia cella, una stanzetta semplice che, come appurai poco dopo, avrei condiviso con una suora più esperta, la mia guida spirituale. La trovai ad aspettarmi all'ingresso, abbozzò un mezzo sorriso e mi abbracciò. Fu il primo gesto di vera accoglienza quel giorno. Ne rimasi stupita, non mi aspettavo tanta gentilezza. La mia compagna di cella si chiamava suor Letizia, era una donna matura, sulla quarantina. Poco altro si poteva notare, se non il fatto che fosse piuttosto alta e che il suo viso rivelasse due grandi occhi castani che avrebbero certamente colpito chiunque, non solo una ragazzina disorientata e confusa. A differenza della Madre Superiora, i lineamenti del viso di suor Letizia erano gentili, quasi materni e denotavano una strana affettuosità e dolcezza che in quel convento non sembrava essere propriamente di casa.
    
    Ci dirigemmo verso le docce, in uno stanzone adiacente, comunicante con il corridoio delle nostre celle. Mi aiutò a spogliarmi dei vestiti, senz'alcuna fretta, accarezzandomi i capelli e le spalle. Rimasta nuda, non potè (forse per rompere il ghiaccio) non accennare qualche bizzarro commento sulla mia corporatura e proferí: „É veramente un peccato che un corpicino cosí debbe rimanere confinato tra queste quattro mura, chissà che però non possa rendersi utile in qualche altra ...
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