1. L'ascensore


    Data: 09/10/2020, Categorie: Lesbo Autore: ilprof78, Fonte: Annunci69

    Mentre usciva dal suo appartamento e sbatteva la porta, si voltò per gridargli dietro quelle due parole che spesso segnavano la fine di una relazione: FATTI INCULARE! Questo scaricò appena un granello della sua rabbia, mentre stava per superare, nella fretta, la porta dell’ascensore. Premendo il bottone di chiamata le rintronavano nella testa le sue parole: Moglie, Riconciliazione, Errore. Aveva messo il vestito più sexy che aveva, ed era già eccitata prima di entrare. Quella che doveva essere una notte di passione terminò nei primi cinque minuti. Entrò nell'ascensore e, in un tentativo disperato di trovare la calma in qualcosa di familiare, si fissò a guardare i numeri dei piani mentre scendeva. Poi l’ascensore si fermò, ed entrò qualcuno. Non si voltò nemmeno per guardare chi fosse, ma rimase fissa a guardare i numeri, come se segnassero la fine di quel periodo disgraziato della sua vita. L’ascensore ripartì, e i numeri erano 43, 42, 41, 40 e poi, improvvisamente, l’ascensore si fermò e si spensero tutte le luci. Era troppo arrabbiata e sbottò: "Ci mancava proprio questo cazzo di ascensore!" Una dolce voce femminile disse, calma, con un forte accento inglese: "Noi diremmo this fucking lift." Con tutta la confusione che aveva in testa, non capì subito, e rispose: "Prego?" Lei rispose: "Sono inglese. Cercavo solo di farla pensare a qualcosa di diverso. Mi sembrava che fosse arrabbiata per qualcosa." Ma lei non ero proprio in vena. L’ascensore, che avrebbe dovuto mettere più ...
    ... distanza possibile tra lei e quel coglione, l' aveva imprigionata lasciandola sola con la sua rabbia ed i suoi pensieri.
    
    Nei minuti che passarono ci fu un silenzio completo, ed aspettava che i suoi occhi si abituassero all’oscurità. Purtroppo non riusciva a vedere nulla: non c’era la minima traccia di luce. Era bloccata in un cubicolo più scuro del fondo dell’Inferno. L’idea della metafora la fece sorridere, un sorriso invisibile al buio. "Mi chiamo Claudia", disse nell’oscurità. "Io sono Rachel, " rispose lei con un forte accento britannico, che la incuriosì non poco, nonostante non fosse proprio in vena. La situazione si stava appianando, e le due donne iniziarono a discutere di tutto un po’ mentre erano in attesa di aiuto. Claudia le raccontò quasi tutto di lei, lasciando fuori però il coglione. Anche lei raccontò tutta se stessa. Era in quell’edificio per una sessione di training nel quartier generale della sua società, e sarebbe ripartita per Londra la mattina dopo. "Se mai riuscirò ad uscire da qui," disse con un sorriso che potevo sentire ma non vedere. Continuarono a chiacchierare di cose futili. Si aspettavano che le luci si sarebbero accese da un momento all’altro, e quindi restava ancora pochissimo tempo da passare insieme.
    
    Improvvisamente udirono una voce maschile, proveniente da molto lontano, ma si capiva che stava urlando: "Sappiamo che siete bloccati tra il 39 ed il 40. Siete al sicuro. Non vi preoccupate. Non c’è alcun pericolo che l’ascensore cada. C’è ...
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