1. One more time


    Data: 07/10/2020, Categorie: Etero Sensazioni Autore: ThinkInk, Fonte: RaccontiMilu

    ... temporale d’estate o i fiocchi solitari della prima neve d’inverno. Le stavo descrivendo la protagonista di quell’amore, stralunato e singhiozzante, che avevo immaginato:
    
    “Lei non ha ancora un nome, non ne ho trovato uno adatto.
    
    Spesso i nomi sono gabbie inossidabili, porte pesanti e muri troppo spessi da valicare. Talvolta inadatti, capaci di annientare gli spiriti più risoluti. I nomi, spesso, lasciano delusi tanto da chiederci: perchè? Queste rigide definizioni bastano per i trattati enciclopedici e per gli atlanti che mostrano la rotta per luoghi sperduti.
    
    Così lei non ha un nome e forse non l’avrà mai. L’immagino libera: un uccello dalle piume cremisi e turchesi, dal nome impronunciabile. La sua voce è una torre sonora dai potenti effetti di vita e di morte.”
    
    Bevvi ancora un sorso di quel vinaccio. Lei mi incitò con lo sguardo a continuare:
    
    “Una notte ho fatto un sogno. Ero in una pianura desolata: bianco come un deserto di sale. Di fronte a me una donna dai capelli scuri e dalla pelle così limpida da sembrare un pesce di un abisso insondabile si è voltata è mi ha sorriso. Aveva occhi di un verde ultramarino, scuro come le più distanti foreste. In un attimo quel colore di pietra segreta è esploso nella mia mente fragile svegliandomi.”
    
    Non avevo quasi più fiato. Quelle parole fragili come il tessuto d’ala di una farfalla, non avrebbero retto la minima interruzione. Mi accorsi di non aver preso aria durante il racconto perchè temevo che mescolando ...
    ... ossigeno alle parole queste avrebbero preso fuoco e sarebbero sparite.
    
    Anna mi guardò silenziosa a lungo, poi abbassò lo sguardo fissando un tappo sbrecciato sul tavolo. Con naturalezza, come se quel gesto lo avesse già fatto un milione di volte, alzò il braccio e mi sfiorò la guancia con il dorso della mano. La pelle era fresca, la grana sottile e vellutata. Le mie guance in fiamme.
    
    Per pochi istanti ebbi la sensazione di rivedere negli occhi chiari di Anna, lo stesso sguardo acquatico ed ultramarino del sogno. Per un attimo fluttuai in uno spazio senza tempo dimenticando la realtà. E poi che importava?
    
    Mi sentivo un naufrago felice. Al contrario di Ulisse avevo scelto la dannazione di un canto irresistibile ed ultraterreno alla morte di tedio in un’isola calcarea e solitaria.
    
    La vertigine non avrebbe avuto più fine se non mi avessero fermato un paio di labbra profumate di bosco acquatico e fiori nascosti.
    
    Lasciammo il locale facendoci strada tra la gente in coda per un tavolo. L’aria fresca della notte sferzò i sensi intorpiditi dal caldo e dal fumo. Mi voltai e le rivolsi un sorriso aperto e timido. Lei mi prese delicatamente la mano tra le sue e la sfiorò con le labbra.
    
    A piedi raggiungemmo una stazione dei taxi. Anna bussò sul tetto della vettura svegliando di soprassalto un autista sonnolento.
    
    Durante il tragitto attraverso una città infreddolita ed assonnata, ci guardammo solo fuggevolmente. Mi vennero in mente le immagini stereotipate che si hanno degli ...
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