1. Che gran figlio di puttana


    Data: 11/08/2020, Categorie: Etero Autore: Malena N, Fonte: EroticiRacconti

    ... farmi stringere le tette ancora prima di spogliarmi. Ormai per godere, anche sola, devo sentire lo stesso male che mi fai tu quando stringi con prepotenza i capezzoli duri fra le dita. Te lo ricorderò ogni volta. In particolare ho messo questa di pizzo verde bottiglia per un motivo preciso e te lo dico sfoderando il mio tono di voce più caldo.
    
    “Una volta chiusa la porta, avrei tolto il reggiseno e ti avrei chiesto di succhiarmi i capezzoli attraverso la stoffa. E si sarebbe rotta lo so. Perché ti saresti innervosito non riuscendoli a prendere bene in bocca e avresti strappato il pizzo.”
    
    “Sei una puttana.”
    
    E ora eccoli che spingono. Li sento premere nella stoffa del balconcino nero. Paga questo fottuto conto e portami fuori di qui.
    
    Il cesso è troppo esposto sennò col cazzo che aspetterei. Saresti già nella mia bocca per un bucchino veloce. Ma oggi hai deciso che deve essere così.
    
    “Devo fare una telefonata, è urgente, vado fuori.”
    
    Tu vai fuori e io vado fuori di testa. Mi lasci così, 5 minuti, poi 10. Cazzeggio col telefono, sistemo una cosa che ho scritto. Accavallo le gambe in continuazione. Forse per questo adoro i jeans. La cucitura doppia mi sfrega così tanto la fica da farmi bagnare sempre di più. Quasi quasi quando entri ti chiedo se mi accompagni a pisciare.
    
    Perché ora anche solo farti vedere come vengo mi basterebbe. Poi magari un dito dentro ce lo infili anche tu. Poi magari te lo lecco sporco di me.15 minuti. I ragazzi in sala mi guardano. O ...
    ... forse guardano le tette, non lo so. Dove cazzo sei finito! Non esco a cercarti perché queste cosce strette mi regalano il piacere che tu mi stai negando.
    
    20 minuti. Sono irrequieta. Guardo le cose che abbiamo preso prima al buffet e sussurrando ti maledico.
    
    Mezz’ora. Che gran figlio di puttana! Ti vedo entrare con quel sorriso che mi fa sciogliere sempre. Quel sorriso che quando mi sei sopra, dentro, a un centimetro dalla faccia, nella bocca, mi inchioda alla tua essenza. Ritorni al tavolo come se nulla fosse. Come se fossi stato fuori solo 5 minuti.
    
    “Voglio andare via, non mi va il dolce.” Mi alzo di scatto.
    
    “Ah perché c’era anche il dolce?”
    
    Ti avvicini alla cassa per pagare. Io non mi muovo. Mi sento molle. Non so se uscire subito o trascinarti in bagno solo per metterti la lingua in bocca.
    
    Fuori non si può.
    
    La porta in vetro si apre automaticamente. Respiro a fondo scavandomi dentro per trovare un po’ di contegno. Ho una voglia incontrollabile di urlarti contro, di baciarti, scoparti. Sbatterti al muro e toccarti il cazzo, sentirlo duro nella mano.
    
    Giriamo l’angolo, ti fermi costringendomi a fare la stessa cosa. Siamo in mezzo alla strada anche se è solo un vicolo e non una via principale. C'è qualche passante ma ti avvicini lo stesso. Mi sfiori l’orecchio con le labbra poi lo dici.
    
    “Stasera, ci vediamo stasera quando finisci a lavoro. Stai benissimo oggi, anche io non vedo l’ora di scoparti.”
    
    Resto immobile. Un bacio a stampo sulla bocca, ...