1. Racconto di un amica insegnante, la gita, reale.


    Data: 27/08/2019, Categorie: Lesbo Autore: BULLTO76, Fonte: Annunci69

    Siamo di nuovo tutti sul pullman, viaggiamo allegri verso Venezia. C’è il solito ragazzo con la chitarra che strimpella motivi famosi favorendo gli inevitabili cori a squarciagola che gridano vendetta da parte dei timpani, e ci sono le nuove coppiette di adolescenti alle prese con i primi turbamenti sessuali. Si ritagliano il loro spicchio di intimità come possono e si avventurano nel mondo dei sensi: stanno in disparte e pomiciano.
    
    Sono seduta sopra la mia macchia, la covo sperando che si riassorba. Il professor Rinaldi ha ricominciato a parlare in maniera ossessiva e a voce alta per superare il fragore di fondo. Mi sembra un incubo, non vedo l’ora di scendere da questo maledetto autobus. Prima i fischi, poi il messaggino sconcio, poi l’autista guardone, la macchia e, per finire, la rottura dei timpani, basta! Inforco la cuffia e metto a tutto volume la musica spirituale dei Coldplay.
    
    Finalmente siamo in laguna, abbiamo abbandonato il mostro di lamiera e gomma che ci ha portato fin qui e adesso siamo tutti (spero) sotto un sole cocente ad aspettare il traghetto.
    
    Siamo a bordo. L’odore salmastro della laguna ricorda vagamente quello di una stalla, ma quello che vediamo ce lo fa dimenticare. La bellezza di questa città anfibia ha qualcosa di soprannaturale, ti fa dubitare dei tuoi sensi. Ogni volta che rivedo i suoi palazzi specchiarsi e galleggiare sull’acqua, immagino un dio capriccioso ed esteta che un bel giorno decise di creare la città più bella del mondo ...
    ... sulla più precaria delle terre emerse.
    
    L’albergo è squallido ma pulito, ho appena fatto una rivitalizzante doccia fredda e mi sto asciugando, quando sento bussare alla porta: “Chi è?” Chiedo con una vena di irritazione nella voce. “Sono Angelo Rinaldi, il tuo collega, volevo solo dirti che si cena in albergo, ti aspettiamo al ristorante”. “Questo buco ha un ristorante?” Rispondo stupefatta. “No, ma si appoggia al ristorante di fronte, credevo lo avessi visto.” Risponde Angelo.” Allora non dire che ceniamo in albergo!” Dico tra me e me.
    
    Odio la mancanza di precisione, soprattutto nel linguaggio. Mi copro con l’accappatoio che mi sono prudentemente portata, e gli apro la porta. Lui rimane sorpreso dalla mia cortesia e dalla mia mise confidenziale e fa un piccolo balzo indietro. “Entra, che fai lì impalato sul corridoio?” Gli dico voltandogli le spalle per tornare in bagno. “Accomodati, dammi solo un minuto per finire di asciugarmi e darmi una sistemata ai capelli”. Lui non dice niente e io mi chiudo in bagno. Quando ne esco lui è ancora seduto su la scomoda e traballante sedia di legno che gli ho indicato. Sono praticamente nuda sotto l’accappatoio bagnato, e devo vestirmi. Gli chiedo di girarsi dall’altra parte. Lui ubbidisce senza un fiato. Mi metto la prima cosa che trovo e sono pronta per la cena in trattoria.
    
    Il nostro tavolo sembra un girone dell’inferno: vola di tutto in un crescendo di risate e grida. Quando compariamo Angelo e io, molti si placano “Ecco i ...
«1234»