1. Fuga dalla stireria


    Data: 13/08/2019, Categorie: Etero Sensazioni Autore: bob58, Fonte: RaccontiMilu

    Ciao a tutti sono Federica e ho 26 anni. Vi racconto ciò che mi è successo un mese fa al lavoro. Di mestiere faccio, anzi facevo, l’addetta in una stireria. Il lavoro era faticoso, ripetitivo e mal retribuito, ma era l’unico che ero riuscita a procurarmi dopo una ricerca durata due mesi. Proprio per tutti questi motivi su dodici persone che ci lavoravano ero l’unica italiana presente. Infatti, insieme a me c’erano soltanto donne albanesi. Sebbene non fossi riuscita a integrarmi alla perfezione con loro, non potevo neppure lamentarmi per come venivo trattata. Poi, il faticare tutto il giorno per sei giorni alla settimana fianco a fianco aveva contribuito ad elidere le nostre differenze culturali. Il datore di lavoro per cui sgobbavamo si chiamava Marco Gori, un vecchietto di circa 70 anni basso e grassottello dall’aspetto volgare. Era un tipo viscido che non perdeva occasione per palparci o per strusciarsi contro di noi. Questo era uno dei due motivi per cui, sebbene l’ambiente di lavoro a causa dei vapori prodotti fosse afoso e umido, lui non ci lasciava praticamente mai da sole. L’altro era dovuto al nostro abbigliamento o, sarebbe stato più giusto dire, alla mancanza di esso. Ogni giorno arrivavamo al lavoro vestite di tutto punto, ma poi nello spogliatoio ci liberavamo dei vestiti per indossare il camice. Dato che la temperatura superava i quaranta gradi con un tasso di umidità elevatissimo molte di noi sotto il camice non portavano niente. Io, per esempio, a parte le ...
    ... mutande non indossavo niente. I camici bianchi, inoltre, erano aderenti; terminavano in un gonnellino a metà coscia e a causa del sudore e del vapore si attaccavano al corpo modellandolo come una seconda pelle, lasciando trasparire le forme. Alla fine del turno avevamo l’aspetto di ragazze reduci da un concorso di miss maglietta bagnata, poichè i capezzoli erano ben visibili e a volte non solo quelli. Ecco perchè Marco “Il polpo”, così era stato soprannominato, vagava tra i fumi del vapore: per spiarci con occhi porcini e per allungare le mani ogni volta che si presentava l’occasione. Il fatto poi che lavorassimo in nero e fossimo disposte a fare un simile lavoro per pochi soldi di paga contribuiva a fargli avere ancor più saldamente il coltello dalla parte del manico. Infatti, a parte un paio di ragazze che si erano licenziate in seguito alle sue attenzioni, tutte noi altre ci limitavamo a sfuggire ai palpeggiamenti dell’uomo o a interromperli quando avvenivano. Io non rientravo tra le sue prede preferite perchè una volta mi ero ribellata a una sua palpata di seno e gli avevo tirato una ginocchiata nei coglioni. Da allora mi girava abbastanza al largo guardandomi con espressione perfida. All’inizio ero rimasta stupita dal fatto che non mi avesse licenziato, poi avevo capito che stava aspettando solo il momento giusto per vendicarsi. Ah, se non avessi avuto bisogno di soldi……….Come se tutto ciò non fosse bastato, alla fine del turno quando uscivo all’aperto trovavo ad attendermi ...
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