1. Come l’acqua salmastra


    Data: 24/06/2019, Categorie: Etero Sensazioni Autore: Viktorie, Fonte: RaccontiMilu

    MARCO
    
    L’acqua salmastra, pigramente, lambiva i mattoni verdognoli d’alghe delle rive del canale. Un dolce incessante sciacquìo, come una musica sottostante ad ogni altro suono.
    
    Un’altra musica, molto meno dolce, si cominciò a frapporre tra l’ipnotico dondolio della superficie liquida e i pensieri del ragazzo che passeggiava mollemente sul selciato, fino ad identificarsi a fondo canale con una hit da discoteca sparata a tutto volume da un barchino di nulla storia o sostanza, un guscio di vetroresina buono solo a ferire l’acqua come un coltello, condotto da un gruppetto di diciottenni ululanti, diretti verso la terraferma o chissà dove. Passarono, ulularono, squassarono l’acqua, sparirono.
    
    Il ragazzo lasciò che l’acqua tornasse alla sua calma pigrizia per ingannare ancora un po’ l’attesa, prima di guardare l’orologio. Si sincerò nuovamente di non aver sbagliato strada
    
    “Fondamenta de Ca’ Vendramin”, recitava con sicurezza la vernice nera a fondo bianco proprio sopra di lui, e aveva controllato bene che non ci fosse qualche doppione, come capitava a volte in quella città.
    
    Lei, ovviamente, fece diventare un anticipo la puntualità, la puntualità un ritardo, anche se lieve. Si aspettava, Marco, di vederla spuntare a piedi da qualche strada, si aggirava pensando da dove potesse arrivare, mentre approfittava dell’altezza del ponte per sbirciare un po’ in giro, immaginandosi il rumore di scarpe affrettate, la sua ombra che si allungava sotto uno dei lampioni mentre ...
    ... sbucava sulla pavimentazione… E invece niente.
    
    Lui odiava i ritardi, lei ne era composta totalmente. Foss’anche per un solo minuto, lei doveva essere fuori orario. Questo l’aveva capito fin dal primo giorno al bar dove si era trovato un lavoro estivo nella pausa dell’Università.
    
    Non c’era giorno che lei non entrasse fuori orario. Forse solo al cinema o a teatro si avvicinava all’idea di una puntualità, ma in quel caso era un anticipo. L’importante era mancare l’ora esatta di un ritrovo, di un ingresso, di qualsiasi cosa.
    
    Aveva delle argomentazioni, certo, da quanto mal si adattasse la vita frenetica alla Serenissima, a quanto semplicemente lei fosse in perfetto grado di recuperare con il suo lavoro anche due ore di ritardo rispetto a lui. Lo derideva, si fingeva offeso, lei sorrideva, e non riuscivano più a fingere di non piacersi. Erano ancora in una fase di reciproco tira e molla, e lui sentiva ancora il sapore dei baci che si erano dati quel pomeriggio di lavoro in attesa della serata libera di tutti e due.
    
    L’attesa, il timore che gli desse buca, lo rendevano irrequieto e -se ne stupì anche lui- lievemente eccitato. Il figurarsela arrivare, bella com’era, non risultava insensibile al suo sesso. Decise di chiamarla, quando il borbottìo sordo e calmo di un motore si intrufolò tra i muri del canale, prennunciando l’arrivo di una barca di modeste dimensioni che avanzava tranquilla scivolando sull’acqua, accostava, e il cui marinaio alzando la testa e un sorriso urlava ...
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