1. Incidenti sul lavoro


    Data: 22/10/2018, Categorie: Cuckold Etero Autore: esperia, Fonte: RaccontiMilu

    ... tanto e alla fine mi sono decisa. Mi spiace, so che ti sto facendo del male, ma non ho scelta: devo seguire il mio cuore. Ti lascio, Marco. Mi sono innamorata di un altro uomo e vado a vivere con lui.
    
    – Cosa?
    
    – Lo so che è dura. Lo è anche per me. Ma ormai ho deciso.
    
    – Gaia, siamo sposati da quindici anni! E tu li stai buttando nel cesso così, senza neanche darmi modo di replicare?
    
    – Non c’è molto da replicare, Marco. Io non mi sento più innamorata di te, non sento più quella passione, quella scintilla che provavo per te un tempo e che ora invece provo per lui.
    
    – E chi sarebbe, allora, questo bastardo ruba-mogli?
    
    – Che importanza vuoi che abbia il suo nome? Nemmeno credo che tu lo conosca.
    
    – Certo che ha importanza, maledizione! Almeno potrò sapere il nome del bastardo che mi ha cornificato, no?
    
    Cominciavo a perdere le staffe. Ci mancava anche questa! Dopo il dramma della mattina ora anche una moglie troia.
    
    Ma che cazzo di giornata quella di oggi!
    
    – L’ho conosciuto alla festa per l’inaugurazione dei lavori dell’Expo, il dicembre scorso.
    
    – Ah! Quel tamarro con il gel, i tatuaggi e le scarpe a punta con cui hai ballato tutta la sera? Pinuccio lo zarro, come lo chiamano tutti?
    
    Ricordavo bene quella sera e la discussione che avevamo avuto dopo il ricevimento. Non m’era piaciuto affatto il suo atteggiamento civettuolo nei confronti di quel tipo.
    
    – Si chiama Giuseppe Tagliaferri, non è un tamarro e non è nemmeno uno zarro. Ci stiamo vedendo ...
    ... da allora, e abbastanza spesso, se proprio vuoi saperlo.
    
    – Vi state “vedendo”? – Volevo che si sentisse il sarcasmo nella mia voce, mentre disegnavo con le dite immaginarie virgolette nell’aria.
    
    – Sai bene cosa intendo. – rispose lei severamente, come se fosse colpa mia.
    
    Il silenzio cadde tra di noi. Lei mi guardava con tristezza e non diceva niente.
    
    Io la guardavo con rabbia e non dicevo niente.
    
    Le spuntò un lacrimuccia all’angolo dell’occhio.
    
    – Mi spiace davvero, Marco.
    
    – Vai, vai dal tuo Pinuccio, che ti fa passare il dispiacere…
    
    – Si chiama Giuseppe. Allora vado. Tornerò nel corso della settimana a ritirare le cose che non sono riuscita a prendere oggi.
    
    – Vai a fare in culo e non farti più vedere! Chiaro?
    
    – Marco, non fare così! Cerchiamo di comportarci da persone civili! – Le lacrime erano ora copiose nei suoi occhi.
    
    Risposi con un grugnito. Alla porta dell’ascensore si voltò a guardarmi intensamente un’ultima volta, quasi a cercare nel mio atteggiamento un segno di debolezza.
    
    La mano sulla maniglia dell’ascensore, gli occhi arrossati dal pianto, le valige dietro di sé… Per la prima volta vidi passare sul suo viso l’ombra del senso di colpa.
    
    Ebbi la sensazione che se in quel momento avessi detto la cosa giusta avrebbe rinunciato ai suoi progetti e mi avrebbe buttato le braccia al collo.
    
    Invece non dissi niente.
    
    – Questo è tutto, allora. – E io zitto.
    
    Entrò nell’ascensore e se ne andò.
    
    Lentamente ritornai in casa e chiusi ...