1. Il territorio del sogno


    Data: 08/10/2018, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... sottoscritto: nessuno avrebbe badato a una spedizione guidata da un inglese riguardo le primitive e ancestrali usanze delle tribù montane.
    
    Così, due giorni dopo partimmo. Minh aveva organizzato tutto in modo maniacale: equipaggiamento, scorta (quest’ultima composta di due amici di Minh che non si presentarono mai a me ma interloquirono sempre e solo con il loro socio sebbene si capisse che erano chiaramente dei reduci del recente conflitto vietnamita), un Sampan di discrete dimensioni e provviste. La nostra partenza fu talmente rapida che ci mettemmo solo un giorno a risalire parte dei un affluente del Mekong e a raggiungere il villaggio montano della tribù del Capo Roq. Roq era un capo Montagnard, un’etnia che aveva combattuto a fianco degli americani durante la guerra. A differenza dei suoi compatrioti, avevano scelto la neutralità. La sua scelta gli aveva evitato orribili ritorsioni di cui mi parlò, ignorando che conoscevo già quella parte della storia per averne vissuto il sanguinoso inizio.
    
    Il villaggio di Roq sorgeva sulle sponde del fiume e sopravviveva grazie a pesca, allevamento e coltivazioni. Ogni tanto qualcuno degli abitanti veniva contattato dall’esercito governativo ma pochissimi avevano abbandonato la loro terra. Roq disse che non era loro compito andare a combattere per un governo o per l’altro. Non erano guerrieri, diceva. Nonostante ciò, durante la nostra breve permanenza vidi diversi uomini con cicatrici e ferite da armi da fuoco.
    
    No, non erano ...
    ... guerrieri, almeno non più.
    
    Ma la nostra permanenza lì finì rapidamente: Minh prese a conversare con Roq, spiegando ciò che stavamo cercando. L’espressione del capo Montagnard fu prima perplessa, poi apparentemente scivolò in un’apparente preoccupazione per poi attestarsi nell’apatia.
    
    -Dice che non esiste tribù così.-, disse Minh, -Ma che esisteva. Anni e anni fa.-.
    
    -Dove vivevano?-, chiesi, impaziente di verificare l’ipotesi e la veridicità dei sogni che avevo fatto e che di recente avevo continuato a fare. Minh tradusse. La risposta fu lunga e agitata.
    
    -Dice che non c’è più la tribù e che cercarla è stupido oltre che pericoloso. Non erano…-, il sociologo si fermò, aggrottando la fronte e cercando le parole, -come noi.-, concluse infine.
    
    -Intende vietnamiti? Erano di un altro paese? Migratori?-, chiesi a raffica io. Non capivo.
    
    L’espressione di Minh pareva ora inquieta, angosciata.
    
    -Umani.-, sussurrò. E in quel momento pensai che fosse esagerazione pura, la fantasia sfrenata d’indigeni ancora incatenati alla superstizione delle ere passate e mai morte nel loro piccolo mondo. Ma vedere che Minh, un uomo civilizzato, moderno e difensore dei valori della logica, mostrasse simile apprensione e preoccupazione davanti a quelle superstizioni mi fece credere che il capo gli avesse rivelato ben più di quanto dettomi.
    
    La scorta di Minh, due uomini armati con SKS vecchi almeno quanto loro, pareva altrettanto scioccata. Appena c’imbarcammo sul Sampan, il trio si ...
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