1. Il cero rossiccio


    Data: 03/10/2018, Categorie: Etero Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Il rintocco dei passi lungo la scala di pietra riecheggiava a lungo nell’aria viziata, accarezzando flemmaticamente le antiche colonne di quell’antico sotterraneo. Lucia si strinse a me con un esplicito fremito, nel tempo in cui le nostre ombre tremanti si riconobbero identificandosi sulla parete in fondo di quel lungo cunicolo dalla volta ad archi. Era schiettamente una follia, un’imprudenza, perché lo sapevamo entrambi, eppure qualcosa ci attirava in quel luogo oscuro affascinandoci, ultimo posto d’estremità e di confine prima dell’oscuro e dell’ignoto. Entrambi, rincorrevamo infatti un sogno inquieto e a tratti smanioso, un’immagine fiabesca e inesistente, che aveva catturato i nostri pensieri e che al presente torturava assillando il nostro ventre, riempiendolo d’un vuoto impensabile e irreale, terra di conquista, ovvero di raggiungimento per la parte più oscura delle emozioni e delle suggestioni:
    
    ‘Molto meglio un forestiero, un novello sconosciuto’ – c’eravamo detti, fortificando in tal modo le nostre ferree convinzioni.
    
    Eppure, adesso, quella decisione, quella dichiarata ed espressa disposizione pareva un’anomala e insolita assurdità; perché mai avrei dovuto regalare la mia donna al desiderio d’un altro individuo?
    
    ‘Siamo sempre in tempo, possiamo ancora ritornare indietro, non credi?’ – sospirò lei in maniera ansimante e scalmanata, ma al tempo stesso entusiasta e sfrenata per la sorte di quell’evento sgranando i suoi grandi occhi chiari.
    
    Un istante di ...
    ... lucidità comparve collocandosi tra noi due e la realtà che stavamo affrontando, poi la voglia di chiudere per sempre quel desiderio scellerato, perverso e vizioso ci costrinse a continuare, intanto che la sfavillante luce rossa di due antichi candelabri ci indicò la corretta via da seguire. Ambiente fatato e magico, un po’ buio e oscuro forse, ma quel sogno comune aveva senza dubbio alcuno bisogno della sua individuale scenografia per essere vissuto sino in fondo, per poi essere relegato per sempre nella memoria. Il grande tavolo di mogano, faceva mostra di sé nel mezzo della stanza, le sue mani scivolarono lentamente lungo i bordi lisci, regalandole una sensazione ammassata, confusa e torbida. In quell’occasione lasciò cadere il mantello nero lungo la schiena, poi si sostenne con decisione e sollevò le gambe sino ad appoggiare i tacchi sopra il piano lucidato con la cera. Un movimento felino ed era già in posizione piegata in avanti con la testa chinata, con le ginocchia che s’allontanarono una dall’altra, lasciando che la schiena inarcata portasse i glutei carnosi a essere la parte più alta del corpo.
    
    Io mi collocai chiaramente davanti a lei, con il mento appoggiato sullo schienale della sedia ricoperta di velluto rosso, i miei occhi nei suoi e intorno il silenzio. Passò via così, come un soffio di vento, quel breve minuto in cui ancora eravamo da soli, poi altri passi e altri echi scesero lungo gli stessi gradini spaccando e sbriciolando una dopo l’altra tutte le nostre ...
«123»