1. E il vento mi rispose


    Data: 26/05/2023, Categorie: Sentimentali Autore: Yuko, Fonte: EroticiRacconti

    I talk to the wind.
    
    Il flauto di Ian Mc Donald.
    
    Suoni perduti nel tempo, parole evocative dei re di cremisi.
    
    Sull'imbrunire della sera, nella baita di fronte alla distesa di larici, il rumore del torrente lontano si perde e viene assorbito dal dialogo degli alberi alle ultime luci del crepuscolo.
    
    Il vento dà voce ai tronchi e, stupefatta, assisto a una accesa conversazione tra le fronde.
    
    Il vento parla e interpreta i pensieri, i desideri e perfino le pretese degli alberi secolari.
    
    Illuminata dalla Luna e ispirata da poteri sovrannaturali, le mie orecchie percepiscono il significato di suoni e dialoghi inaccessibili.
    
    Un lento e sordo corteo di voci di dissenso, di decennali lamentele, si avvicina dal fondo valle, portata da Eolo sulle cime dei pini marittimi, fino al cospetto di un antico e patriarcale abete, che dai rami di verde scuro, scuote la testa paziente, per dirimere i diverbi e sedare gli animi, per riportare armonia nel bosco, spossato dopo le sferzate del sole di luglio.
    
    Quando l'assemblea è al completo e le voci di discordia hanno smaltito ira e impazienza, tutto torna a tacere sotto gli ombrosi tronchi.
    
    Uno stanco e profondo fruscio, grave e lento, cupo e ancestrale prende la platea.
    
    L'antico abete interroga gli astanti, con pazienza e saggezza. Lui in quel bosco prima che il bosco fosse, lui che ha visto più di cento inverni e cento estati, senza mai perdere il verde dei suoi aghi.
    
    Lui che quei larici li ha visti tutti ...
    ... nascere nell'ultimo secolo.
    
    Lui che quegli aceri li ha visti crescere solo poco tempo fa, neanche quaranta o cinquanta anni addietro.
    
    Il vento gli scivola attorno e i movimenti dei rami rilasciano la voce dal timbro di contrabbasso e legno resinoso invecchiato.
    
    Al primo intervento del vecchio abete fanno coro i larici di fronte ai miei occhi.
    
    Il loro è un fruscio più acuto, più leggero, di fronde più rade, nate da poche settimane dopo l'arrivo della primavera.
    
    Un tremito disomogeneo e irruento, carico di sdegno e desiderio di rivendicazione.
    
    Il vento scuote i rami dalle lunghe barbe, mentre gli ultimi scoiattoli si rifugiano nella loro tana.
    
    I tronchi si piegano morbidi e flessibili per cercare di lusingare e convincere l'antico abete.
    
    I larici reclamano la loro priorità nel bosco, una posizione di prestigio, rivalendosi contro i giovani aceri, gli ultimi arrivati e pieni di pretese.
    
    Questione di nidi di picchio e di cuculo, spartizione dei ruscellamenti temporanei, esposizione al sole lungo i versanti meridionali del bosco, riparo dal gelo invernale.
    
    Il vento corre di tronco in tronco per dare voce a tutte le fronde, a ogni ramo e a ogni cima.
    
    Fremono gli aghi, in un fruscio argenteo, come di mille aghi di finissimo metallo.
    
    Voci composte eppure fiere, rivendicano la paternità del bosco, il primitivo insediamento.
    
    Il vecchio abete ascolta paziente fino all'ultima pigna, all'ultimo rametto di verde ancora tenero.
    
    Ma sono le insolenti e ...
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