1. L'infinito di giacomo leopardi


    Data: 07/08/2020, Categorie: Etero Autore: fedemio, Fonte: Annunci69

    ... di Silvia la quale non riesce ad eccitarsi a sufficienza e accusa dei dolori uterini fortissimi. D'istinto urla con quanto fiato ha in gola "coglione!! lo capisci che mi stai facendo male??" Giacomo con sincera meraviglia ma senza scomporsi più di tanto riprende carta calamaio e penna e descrive "E come il vento
    
    Odo stormir tra queste piante, io quello
    
    Infinito silenzio a questa voce
    
    Vo comparando:"
    
    Silvia è incredula. Di tutti gli storditi che le erano passati tra le gambe questo è sicuramente il peggiore. Infatti appena ha scritto quelle cose si rifionda tra le gambe di Silvia con entrambe le mani unite a pugni chiusi. Silvia caccia un urlo disumano, si alza e dà un sonoro ceffone a piena mano al malscalzone. Lo colpisce sull'orecchio e la compressione dell'aria in esso contenuta probabilmente gli ha anche lacerato il timpano. Lo iellato ricade tramortito a terra privo di sensi. Dopo qualche secondo viene svegliato da un forte fischio. L'unico rumore che ancora sente da quell'orecchio. Apre gli occhi e a pochi centimetri dal suo naso vede il foglio di carta, penna e calamaio. Li prende in mano e descrive "e mi sovvien l’eterno,
    
    E le morte stagioni, e la presente
    
    E viva, e il suon di lei."
    
    Di tutte le bestie che aveva scopato l'associale, quell'essere è sicuramente la più calda. Giacomo ha un'erezione esagerata. Silvia se ne accorge e decide di chiudere in fretta la prestazione perché non sopporta più questo schizzato squilibrato pazzo. Finché lui è ...
    ... sdraiato a terra lei gli afferra il cazzo in mano lo mette in piedi e ci sale sopra a smorza candela. Fa tre salti di numero e Giacomo eiacula per la prima volta dentro un corpo femminile. Ha, teoricamente, posseduto la donna dei suoi sogni. Giacomo è in estasi, è al settimo cielo, non controlla l'emozione, si gira di scatto sul fianco facendo cadere a terra Silvia che sto giro è veramente incazzata. Il disgraziato riprende carta penna e calamaio e descrive "Così tra questa
    
    Immensità s’annega il pensier mio:
    
    E il naufragar m’è dolce in questo mare."
    
    Raccoglie le sue cose e torna nella segregata torre, dove per anni si era ammazzato di seghe rovinandosi la salute e la vista, per rileggere la sua poesia in compagnia della sua ossessionante solitudine. Silvia è sbalordita. Va dai servi si fa ridare vestiti ed effetti personali, i soldi e se ne va dolorante.
    
    Di lì a pochi giorni Silvia perisce per le ferite interne procurategli dallo squilibrato, perché prima di fistarla non si era né lavato le mani né tolto gli anelli che indossava.
    
    Giacomo scosso da quel dolore, ma non conscio delle sue colpe, un decennio dopo scrive un'altra poesia a perenne memoria di Silvia: "A Silvia".
    
    Parafrasi
    
    Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
    
    E questa siepe, che da tanta parte
    
    Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
    
    -Ho sempre sognato questo monte di venere e questo ciuffo di peli che da qualunque posizione osservo non mi permette di vedere lo sguardo di Silvia.
    
    Ma sedendo ...