1. La mia fidanzata shemale.


    Data: 09/02/2019, Categorie: Cuckold Etero Autore: Stephan_Zanzi, Fonte: RaccontiMilu

    ... diventare duro come il mio.
    
    Una volta scartato il condom, Bea si girò verso di me, mi afferrò il cazzo e mise l’anello di lattice sul glande, e lo srotolò fino alle palle. Intanto continuavano a bussare alla porta, con la speranza che aprissimo per lasciarci guardare mentre lo facevamo. Presi Bea per i fianchi e la feci girare di nuovo facendola piegare leggermente in avanti, le diedi una bella sculacciata al sedere dopodich&egrave avvicinai il cazzo al suo buco del culo. Mi feci strada dentro di lei, e una volta che fu completamente dentro iniziai a fotterla con decisione. In quel momento non me ne rendevo conto, ma la stavo trattando davvero in modo schifoso; le schiaffeggiavo continuamente le natiche, e poi la montavo senza rispetto, senza interessarmi del fatto che forse le stavo facendo male, e poi non facevo altro che rivolgermi a lei chiamandola ‘puttana’. Me ne resi conto soltanto dopo essere venuto, dopo che il preservativo si riempì della mia sborra. A quel punto, ritornata la lucidità, iniziai a rendermi conto di cosa stavo facendo. Era come se placata la mia follia erotica fossi ritornato normale, come se il demone del sesso estremo che avevo dentro se ne fosse andato, e mi avesse lasciato in pace. Era una maledizione la mia. Non riuscivo a controllare il demone della lussuria, e spesso mi faceva fare cose molto cattive.
    
    E allora mi venne spontaneo abbracciare Bea e chiederle scusa.
    
    ‘Perché mi chiedi scusa?’.
    
    ‘Per averti trattato da cagna’.
    
    ‘E ...
    ... allora gli altri cosa dovrebbero dire? Non immagini neppure come vengo trattata certe volte’.
    
    Mi sentivo uno schifoso. Dovevo andarmene via da quel posto, ma volevo che Bea venisse con me. E allora glielo dissi, e lei mi disse che forse era meglio di no. E allora le diedi i soldi. Ottanta euro. Poi le chiesi quanti ne voleva per passare con me tutta la notte. Alla fine riuscimmo a contrattare una somma, e riuscii a portarla via. Ci rivestimmo; Bea aveva un vestitino nero corto e delle calze autoreggenti. Andammo verso la mia macchina e lei mi chiese dove volevo portarla.
    
    ‘Tu dove vuoi andare?’ le chiesi.
    
    ‘Portami a ballare’.
    
    E allora decisi di accontentarla. Ballammo per tutta la notte, e continuavo ad avere quella sensazione di rimorso per quello che avevo fatto. Chi era Bea? Perché permetteva agli uomini di trattarla in quel modo? In discoteca notai una cosa che non avevo notato prima. Aveva un tatuaggio sulla parte inferiore dell’avanbraccio, c’era scritto il suo nome: Beatrice La Vacca. Quando le chiesi del perché di quel soprannome lei mi rispose che non era un soprannome ma il suo cognome. E allora io per scherzare le dissi che non ci credevo.
    
    ‘Puoi anche non crederci, ma &egrave la verità’.
    
    Non so per quale motivo, ma provavo una certa tenerezza per lei.
    
    Uscimmo dalla discoteca che erano le cinque del mattino. Stava quasi per albeggiare. Era ora di ritornare a casa. Le proposi se le andava di fare un tuffo in piscina, e lei mi guardò un po’ perplessa. ...
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