1. “Un amore troppo forte” parte 1


    Data: 30/10/2017, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Isabella91, Fonte: EroticiRacconti

    ... larghe.
    
    Mi scopava tenendomi ferma ed allineata come una colonna, facendomi spalancare le gambe quasi con oscenità. Mi bloccava e intanto mi guardava con i suoi occhi liquidi e neri, da cui sapeva gettare un odio amorevole e viscerale.
    
    Una sera il suo amore mi arrivò con troppa forza, e desiderai con urgenza che mi facesse del male. Gli presi una mano tra le mie, gli scoprii il palmo e me la appoggiai sulla guancia. Mi premette contro la carne, restò fermo a lungo, poi si discostò per un attimo, fino a farla ricadere come una carezza. Intanto mi sorrideva, amaro.
    
    Poi mi colpì. Con forza misurata, con equilibrio. Mi colpì di nuovo. E allora provai un calore aspro e reale, sulla pelle e dentro ogni organo.
    
    Carlo aveva un’espressione triste.
    
    “Provo odio per te”, mi disse con tono calmo e fermo, come se mi raccontasse una storia.
    
    “Non voglio avere alcun bisogno di te”, proseguì. “Perché lo permetti?”.
    
    Mi colpì di nuovo, quasi con dispiacere. “Devo farlo, lo sai”.
    
    Chiusi gli occhi, discostai i capelli dal viso come per offrirmi come tela ad un sapiente pittore.
    
    Desideravo che lo facesse di nuovo, ma dalla mia bocca non usciva il coraggio di chiederglielo.
    
    Allungò lentamente una mano verso il mio inguine, mi scostò gli slip di lato, e passò le dita tra le mie labbra in un solo breve gesto. Fece un’espressione che interpretai come di scherno, poi risalì sul mio petto e le strofinò sui capezzoli.
    
    Non ero ...
    ... mai stata così bagnata, e provai vergogna per l’origine del mio piacere.
    
    Io che non avevo mai avuto inibizioni, mi vergognai di questo mio desiderio di umiliazione.
    
    Carlo non lo aveva mai fatto con me, e non seppi spiegarmi come potesse riuscirgli così bene.
    
    “Ho voglia di scoparti come un buco qualunque”, mi disse. Aveva un tono freddo, distaccato, assente seppur accanto al mio corpo. “Perché alla fine tu sei una qualunque. Una maledetta troia”.
    
    Non era un copione recitato per assecondare le mie fantasie più sporche ed immorali, erano parole pronunciate con una disumana verità.
    
    Mi strinse il collo e mi sputò sul petto. “Mi fai schifo”.
    
    Mi sentii ferita, in un misto di incredulità e piacere, un piacere amaro e splendido che non avevo mai provato.
    
    “Ti piaceva fare la troia prima di conoscermi, vero? Del resto sei brava a succhiare il cazzo. Hai imparato bene”. Mi accarezzò sul viso, scuotendo la testa.
    
    “Dai, su”. Si mise in ginocchio e mi fece sollevare di peso, mi portò il viso sul suo sesso costringendomi ad aprire la bocca.
    
    “Fai quello che ti riesce tanto bene. Muoviti”.
    
    Eseguii senza fiatare.
    
    Pensai alla nostra storia, mentre la sua carne eretta mi invadeva le labbra. Al mio carattere spesso inospitale, alla mia freddezza emotiva, e alla pazienza di Carlo, invece, alla sua amorevolezza nel coprire i miei spigoli.
    
    Ora non valevo nulla per lui, non ero nemmeno una troia, una persona. Ero un buco. 
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