1. Un Paziente della Dottoressa Angela - La Ragazza del Treno


    Data: 26/10/2017, Categorie: Etero Autore: Angela Kavinsky, Fonte: EroticiRacconti

    “Perché mi sorride?” pensai. Con la mano si arricciava la ciocca di capelli che fuoriusciva dal suo berretto, mentre i suoi occhi erano fissi su di me. Sentivo la cravatta opprimermi la gola, mentre il sudore scendeva copioso dalla mia fronte. Nonostante ciò, l’unico mio pensiero era: “È così bella! Non fare figure di merda, stupido…”
    
    Salve dottoressa. Mi chiamo Vittorio, ho 51 anni e sono sposato con 2 figlie. Lavoro in un laboratorio farmaceutico e il mio lavoro mi piace se non fosse che, da Frosinone a Roma c’è, ritardi a parte, sempre una bella ora di treno ad andare e un’altra bella ora a tornare. Ebbene sì, sono un pendolare. L’ho sempre odiato, al punto da pensare seriamente di trasferirmi nella città eterna con la mia famiglia; ciò creerebbe parecchio trambusto tra le mie donne: mia moglie ed il suo lavoro di infermiera, le mie figlie adolescenti con la scuola, i loro amici, le loro abitudini. Senza contare i miei genitori anziani, con cui avrei un rapporto molto più “assente” per così dire. Per carità, alle mie due figlie piacerebbe trasferirsi nella capitale, ma rimanda oggi rimanda domani eccomi qui; ogni singolo giorno dal lunedì al venerdì su di un maledetto treno.
    
    Un giorno in particolare però, tra le spire della mia routine, non ho maledetto il treno del ritorno. E di certo, quel caldo giorno di agosto, non avevo alcuna fretta di tornare a casa.
    
    Era tardi, quasi le 8 di sera. Io e i miei colleghi del laboratorio ci eravamo dovuti fermare dopo il ...
    ... lavoro per una riunione indetta dai nostri capi. Faceva caldo, ero stanco e, nonostante nel mio lavoro non debba fare sforzi fisici, non vedevo l’ora di poter posare il sedere sulle comode poltrone della prima classe. A differenza della stazione Termini, come al solito piena all’inverosimile, il treno era praticamente vuoto.
    
    Mi sistemai per l’appunto in prima classe. Il vagone era deserto. Dopo pochi minuti di ritardo, il treno partì. Il rumore di quell’ammasso di ferraglia, per quanto sgradevole, segnalava che finalmente ci eravamo messi in moto. Chiusi gli occhi e sbuffai.
    
    Li riaprii. Tra le poltrone davanti a me spuntò un piede, femminile e aggraziato, che dondolava una infradito nera. Le unghie erano smaltate di azzurro pastello.
    
    Per quando il dondolio di quel bel piedino fosse ipnotico, mi dava fastidio il fatto di non essere solo nella carrozza. Non che dovessi mettermi a cantare; in realtà non so bene per quale motivo; volevo semplicemente stare da solo.
    
    Dopo pochi istati, da sopra il piedino, spuntò il viso di una ragazza. Fu solo per pochi istanti, quel tanto per notare che indossava in testa una cuffia scura.
    
    «…con sto caldo». Dissi sottovoce.
    
    Eccola ancora. Il suo viso ora era immobile a fissarmi. Da sotto la cuffia sembravano fuoriuscire delle ciocche azzurre. Mi osservava con quei suoi piccoli occhietti scuri, arricciando leggermente il naso mentre mi sorrideva con le sue labbra sottili.
    
    Le sorrisi a mia volta con un sorrisetto di circostanza, ...
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