1. Io e mia sorella: capitolo 5


    Data: 15/06/2023, Categorie: Incesti Tue Racconti Autore: parolealvento.97, Fonte: RaccontiErotici.xyz

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    Agosto non cominciò sotto i migliori auspici.
    
    Finita la colazione, con gli occhi ancora gonfi e arrossati a causa della notte insonne, Nami mi comunicò la sua decisione: sarebbe tornata a vivere per un po’ da mamma e papà, adducendo come giustificazione una sciocca lite; se per un giorno, una settimana o un mese, non avrebbe saputo dirlo. Cominciò a preparare il borsone mentre io, altrettanto tacitamente, m’apprestavo a lavar via dalla pelle il sudore della sera prima, lasciando all’acqua fresca il compito di corroborare i miei muscoli tesi e donare nuova forza a membra svigorite. Le concessi un po’ di tempo da sola, conscia che fosse ciò che desiderava, e m’accorsi della sua assenza solo quando finii la doccia e il silenzio fece eco al mio appello.
    
    «Nami?»
    
    Nessuna risposta. Mi guardai intorno, l’unico suono era il lento stillicidio dell’acqua che dai capelli bagnati colava sul pavimento. Un bigliettino riposava sul tavolo, illuminato di sghimbescio da un fendente di luce solare. La calligrafia di mia sorella ribadiva una sola cosa: “Scusa!”.
    
    Piansi. Mi arrabbiai, gridai, sfogai contro i cuscini una bizzarra imitazione dell’ira del Pelide e piansi di nuovo, permettendo a emozioni ingarbugliate di prorompere fuori dal mio stomaco. Per più di metà settimana continuai a scriverle su WhatsApp, nella speranza che potessimo chiarire quant’era successo, ma le sue ...
    ... risposte si limitarono a monosillabi e cortesia finché, stufa di questo comportamento, smisi di contattarla. Colsi invece l’invito di un amico e mi organizzai per andare a trovarlo. Volevo allontanarmi anch’io da quella casa; cambiare aria per qualche giorno mi sarebbe stato d’aiuto.
    
    Arrivai a Firenze all’ora di pranzo di un venerdì torrido e assolato. Luca mi stava già aspettando alla stazione, fu facile individuarlo: con il suo metro e novanta di altezza (più un tappo di bottiglia, com’era solito dire) spiccava tra la folla come un papavero in mezzo alle margherite. Camminammo per un po’, ci fermammo a mangiare in una trattoria di sua conoscenza e, dopo una passeggiata digestiva, ci dirigemmo al suo appartamento. Anche lui come noi, studente squattrinato, non poteva godere dei servigi che un condizionatore poteva offrire: un paio di ventilatori facevano finta di rinfrescare l’aria afosa che gravava in quell’appartamento, così come nel resto della città. Dedicai un abbraccio sudaticcio al suo coinquilino e fuggii di corsa in bagno, bramosa solo di acqua fresca sul mio corpo e di non sentirmi più una fuorilegge che aveva disubbidito al telegiornale, passeggiando per la città nelle ore più calde della giornata. La doccia mi rinfrancò il corpo e lo spirito. Tornai in camera vestita solo del telo con cui mi ero asciugata, scortata da un coro di fischi e complimenti - a mio parere totalmente immeritati - che i miei due temporanei coinquilini si erano sentiti in dovere di ...
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