1. Il bodybuilder sfregiato, la giornalista e l'inchiesta 1/2


    Data: 19/01/2022, Categorie: Etero Autore: Familiare, Fonte: EroticiRacconti

    Elisa aveva ventitrè anni e il giornale la pagava un euro ad articolo.
    
    Viveva in un appartamentino di periferia con quattro ragazze, e i genitori le avevano dato sei mesi per ingranare o trovarsi un lavoro vero. Lei ci provava, prendendo i compiti più ingrati e noiosi. Quando il redattore aveva chiesto chi volesse coprire la conferenza stampa della Rexxon, un’azienda chimica, s’era precipitata.
    
    Si era presentata in incognito, più per necessità che per scelta.
    
    Farsi accreditare richiedeva tesserino, liste o almeno una telefonata dalla redazione, ma lei era l’ultimo anello della catena: il direttore probabilmente nemmeno sapeva che esistesse. Castana nei capelli e negli occhi, Elisa indossava un maglioncino nero, camicia bianca e gonna; pareva una delle cameriere addette al catering e nessuno aveva fatto domande. Si era messa in disparte mentre la sala conferenze si riempiva dei soliti completi blu e cravatte business, ma quando era entrato l’ippopotamo le si era fermata la matita a mezz’aria.
    
    Era un bodybuilder, il più grosso che avesse mai visto.
    
    Aveva passato i quaranta, barba sale e pepe, non un solo capello in testa. Aveva occhi neri e penetranti, una mascella scolpita e le spalle che quasi non passavano per le porte. La camicia azzurra gli stava a malapena addosso; le maniche arrotolate al gomito mostravano avambracci giganteschi ricoperti di cicatrici da ustioni. La pelle pareva liquefatta. Gesticolava infervorandosi con gli altri colleghi, che sembravano ...
    ... agitati. Lei si avvicinò con discrezione mentre le ragazze allestivano il buffet e i giornalisti entravano.
    
    «Il B2 non è pronto, e dovremmo dirlo» disse il gigante «Se succede qualcosa ci restano secchi.»
    
    «Cosa vuoi che succeda, Giorgio? Son cisterne vuote» disse quello che sembrava il leader.
    
    «Sto parlando della coibentazione al B2, non delle cisterne.»
    
    «Certo, e quelli al B2 si mettono a lavorare perché gli gira» replicò un altro «I famosi operai volonterosi. Mai visti in trent’anni di lavoro.»
    
    «Sì, ridi su ‘sto cazzo» ruggì il gigante.
    
    Aveva un suo fascino, forse grazie all’abbigliamento da ufficio.
    
    Somigliava a una roccia infilata in una teca di cristallo, pesantezza e fragilità insieme. La carne sciolta delle braccia contrastava con le cuciture linde e precise della camicia. Una cameriera le passò di fianco e le fece l’occhiolino, indicando il gigante con la testa. Erica sbuffò un sorriso di cortesia, cercando di concentrarsi su cosa dicevano.
    
    L’orologio del gigante mandò un cicalino. Lui lo spense e si voltò verso il buffet, incrociando lo sguardo con lei. Alzò le sopracciglia e schiuse le labbra come se avesse visto un alieno. Lei finse di annotare qualcosa, mentre lo percepì farsi largo tra gli altri e raggiungerla: «Ma buongiorno» esclamò con il tono da padrone di casa e tendendo la mano. Lei alzò la testa nel modo più disinteressato possibile: «Sì?»
    
    «Al buffet hai della fesa di tacchino?» domandò, poi: «Già che ci siamo: sapresti dirmi il ...
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