1. Perché perché, la domenica mi lasci sempre sola


    Data: 17/04/2021, Categorie: Etero Autore: suve, Fonte: RaccontiMilu

    ... sull’inguine.
    
    ‘Abbiamo lasciato un discorso in sospeso mi pare’
    
    Sobbalzai, cercai di togliere la sua mano ma l’aveva stretta ancora, questa volta forte, sul mio uccello che al contatto rialzò di nuovo la testa.
    
    ‘Fermati Luigina, non fare pazzie, sto guidando’
    
    ‘Tu guida’.Guido, e lasciami fare’
    
    Mi aprì la cerniera e lo tirò fuori. Ero nervosissimo, temevo l’incidente ma il mio uccello se ne fregava di queste considerazioni e, beato, si godeva le attenzioni della mano di Luigina. In breve lo portò alla massima erezione e poi si slacciò la cintura di sicurezza, mi scostò il braccio e si sporse verso di me.
    
    ‘Però, sei messo bene’.
    
    Mi sentii avvolto da un caldo umido, succhiato delicatamente. In cuor mio benedissi il cambio automatico e mi concentrai sulla guida; oramai non ero più disposto a rinunciare alle carezza della sua bocca.
    
    Mi succhiò a lungo, accarezzandomi i testicoli con la mano, e quando mi sentiva fremere smetteva i suoi movimenti, tenendomi fermo nella sua bocca o tirandoselo fuori a fargli prendere aria, a raffreddare. Eravamo quasi alla nostra uscita e l’avvertii, da lì sarebbe stato facile essere visti e la guida diventava più impegnativa. Luigina si rialzò leccandosi le labbra, senza dire una parola, si riallacciò la cintura e come se nulla fosse guardò in avanti mentre imboccavo lo svincolo. Da due minuti eravamo sulla statale, mancavano pochi chilometri all’arrivo. Luigina mi prese per un braccio e mi disse di svoltare in una strada ...
    ... laterale sterrata.
    
    Lo feci senza esitazione, ero ansioso di riprendere lì dove mi aveva lasciato, ogni considerazione morale su Luca, su Mara, era scomparsa lasciando il posto al ricordo della sua lingua morbidamente avvolta alla mia cappella.
    
    Appena vidi un’altra stradina laterale la imboccai, conoscevo quel posto, era uno di quelli che usavamo noi ragazzi del paese per appartarci con la morosa.
    
    Mi fermai sotto un albero, non più visibili dalla strada. Spensi il motore, slacciai la cintura e mi voltai verso di lei. Avevo ancora la patta aperta, il mio uccello che fuoriusciva ancora teso.
    
    Luigina si chinò ancora in avanti e lo riprese in bocca. La sua azione era ora più energica, mi pompava facendolo entrare e uscire velocemente dalla bocca, poi si bloccava stringendo le labbra poco sotto la cappella e succhiava con forza. La sua lingua mulinava su tutta l’asta lasciando rivoli di saliva, la sua mano mi carezzava i testicoli e si spingeva, con un ditino, verso l’ano, carezzevole. Non riuscii a resistere oltre, lanciai un avvertimento che rimase inascoltato e m’inarcai sul sedile godendo. Lei serrò le labbra a mezz’asta e succhiò. Vedevo le gote incavate mentre scaricavo dentro la sua bocca il mio seme in diversi schizzi. Non si staccò fino a quando non mi rilassai. Si rialzò leccandosi ancora le labbra, nessuna goccia le era sfuggita. Mi cercò le labbra, mi ficcò la lingua in bocca e sentii lieve il mio stesso sapore. Le ricambiai un bacio famelico. Quando ci ...
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