1. 161 – Marina ingenua campagnola diventa troia maiala


    Data: 03/04/2021, Categorie: Cuckold Etero Incesti Autore: ombrachecammina, Fonte: RaccontiMilu

    Era autunno, dal cielo grigio, nebulizzate, milioni di microscopiche goccioline invadevano l’aria, per le strade, la gente, immersa in quell’atmosfera novembrina, avvolgeva le sciarpe di lana attorno al collo.
    
    Noi, la mia famiglia e io, abitavamo in una grande cascina arrampicata sulle colline delle Langhe. Dalla finestra di camera mia, attraverso quella fitta e umida nebbiolina, vedevo la digradante valle e i lunghi filari delle vigne; quelle vigne dove i miei genitori e i miei fratelli più grandi, sudavano consumando il proprio fisico e il loro tempo a curar terreni e a tener puliti dalle erbe infestanti i molti lunghissimi filari. Le foglie delle viti mostravano affascinanti colori, dal giallo ocra al viola e al verde, alcuni grappoli bluastri, dimenticati nella recente vendemmia, si nascondevano timidi tra le larghe foglie. Tutt’attorno la vegetazione pareva essere stata dipinta dalle abili mani del grande Van Gogh.
    
    La nostra era una famiglia unita, c’era mio padre, un uomo grande e grosso, con i baffi scuri e pungenti, le mani callose e la pelle arsa dal sole. Era burbero, ma sempre cedevolmente disponibile, specie nei miei confronti. L’immagine più cara che ho di lui è quella quotidiana, quando lui dopo pranzo se ne stava seduto a meditare sui lavori che i campi ancora gli richiedevano, appoggiava i gomiti al grande e massiccio tavolo della cucina, con indosso un paio di pantaloncini corti color avana e una canottiera blu; mi piaceva vederlo con quel bicchiere ...
    ... del suo buon vino in mano e in centro tavola la bottiglia di quel giovin vinello appena stappata, tenuta prudentemente a portata di mano. Non era un ubriacone avvinazzato, semplicemente si godeva, specie nelle calde giornate d’estate, quella straordinaria frescura interna, che le spesse mura e gli scuri accostati gli regalavano e gli piaceva farlo degustando a piccoli sorsi il frutto finale del suo lavoro fra le vigne.
    
    Io sono Marina, l’unica figlia femmina dopo tre maschi, la più piccola, quella capricciosa, spesso petulante e indisponente, ma restavo sempre e comunque l’amore del mio papà.
    
    La mamma, donnina dolce, facilmente arrendevole, dedita alle faccende di casa e a crescere i figli; ella si muoveva silenziosamente tra le mura domestiche, affaccendata a sistemar le camere, a riassettare la cucina e a toglier polvere e finissima terra; dai mobili, dalle suppellettili e dai parquet dei tanti pavimenti incerati. Me la ricordo carina, con i suoi capelli scuri, spesso coperti da un foulard di canapa nero e i suoi occhi attenti ad osservare tutti gli altrui movimenti. Lei e papà erano una coppia molto attiva, appassionata e passionale, la loro ridente camera, ancor oggi potrebbe raccontare le loro gesta, i loro ansimi, le loro voci acute e gutturali, che noi figli sentivamo trapassare gli spessi muri divisori. Pensando agli anni della mia spensierata giovinezza, mi vengono in mente come delle fotografie ingiallite, esse rappresentano me e i miei tre fratelli. Li vedo ...
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