1. Mirela, tacchi e piedi - cap. 3 (al centro commerciale)


    Data: 02/04/2021, Categorie: Feticismo Autore: FrancoT, Fonte: EroticiRacconti

    Cominciò così la nostra storia che non fu per niente una storia d’amore.
    
    Fu una storia di sesso e nient’altro, consumato a piccole e grandi dosi. Fu una storia basata sul mio feticismo e sul suo voyeurismo. Sulla mia attrazione per scarpe e piedi e sulla sua forte e decisa necessità di essere guardata ed osservata. La sua era una vera e propria perversione. L’essere un oggetto del mio desiderio la rendeva in qualche modo schiava, ma al tempo stesso padrona, del nostro rapporto. Voleva essere la protagonista, in qualche modo il capo, tra noi due ma quando la ponevo sul piedistallo, facendola sentire la donna più eccitante del mondo, in quel preciso momento i poteri tra noi due si ribaltavano ed io potevo fare di lei ciò che volevo.
    
    Non compresi mai quale fosse il suo rapporto con il marito poiché non se ne lamentò mai, né tanto meno utilizzò mai delle espressioni che indicassero che ella fosse insoddisfatta. Semplicemente non ne parlava e allo stesso modo dei figli. Pian piano imparai alcune cose sul suo conto. Mi disse che era del Montenegro, mi raccontò di quando era emigrata molti anni prima e di come suo marito l’avesse aiutata in tutto e per tutto. In particolare nella apertura dell’ufficio. Lui lavorava in una banca mentre lei aveva questa finanziaria. Ecco il motivo per cui, quando lui se ne andava dall’ufficio, era certa che non sarebbe rientrato.
    
    Aveva due figli, un maschio ed una femmina, di circa sette e dieci anni. Le due gravidanze non avevano lasciato ...
    ... alcun segno nel suo corpo.
    
    Nei primi due mesi ci incontrammo circa una volta alla settimana. A volte meno, a volte più frequentemente. Spesso ci stuzzicavamo a distanza con messaggini piccanti, vedendo chi dei due cedesse prima ad invitare l’altro all’accoppiamento. Generalmente ero io quello che cedeva prima. Io ero il debole tra i due.
    
    Quando usciva a telefonare e restava per alcuni minuti sul marciapiede, puntando il tacco della scarpa e roteando il piede, mi faceva veramente impazzire. E lo faceva spesso. Sapeva che la osservavo e che dalla mia scrivania la vedevo e quindi lo faceva appositamente per provocarmi. Se indossava dei jeans attillati, si metteva sempre di schiena, se invece aveva delle camicette scollate sempre dal fronte.
    
    In generale i nostri incontri avvenivano sempre nel suo ufficio. Era la situazione più comoda per tutti. Per non creare sospetti, cominciammo anche a salutarci in pubblico, sempre dandoci del lei, quando ci incontravamo nei bar della zona. In uno di questi incontri mi presentò suo marito ed insieme parlammo di alcuni possibili finanziamenti che avrebbero potuto essere interessanti per la mia attività. Vederla insieme al marito mi fece uno strano effetto. Non le dissi nulla e mantenni il tono della conversazione sul formale, senza sbilanciarmi. Di comune accordo, in privato, avevamo deciso che dopo alla constatazione amichevole che ci aveva fatti incontrare, non avremmo mai avuto rapporti lavorativi.
    
    L’importante però era evitare ...
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