1. Destino crudele


    Data: 15/01/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: paolopi67, Fonte: Annunci69

    Non avevo avuto una bella giovinezza, davvero no.
    
    Ero cresciuto in un brutto quartiere popolare di Genova, figlio unico di un padre operaio, che a fatica sbarcava il lunario per andare avanti, e di una madre casalinga che, da quando io mi ricordi, era sempre stata male e in verità non ho mai capito se la vera malattia fosse solo nella sua testa.
    
    A quattordici anni, subito dopo le scuole medie, fui mandato a lavorare in un magazzino: il lavoro era duro, mi trattavano male e non avevo mai tempo di divertirmi come i ragazzi della mia età. Il mio misero stipendio serviva in casa per mandare avanti la nostra squallida esistenza.
    
    Poi mio padre all’improvviso morì, lasciandoci ancora più nei guai: mia madre passava dal letto alla poltrona e ogni qual volta provavo a farla alzare per fare qualcosa in casa finiva per buttarsi sul letto in preda a una crisi. Ci venne in aiuto, a dire il vero, lo zio Mauro, il fratello di mio padre, che, a parte una misera somma di denaro che passava tutti i mesi alla mamma, non portò un granchè di buono nella nostra casa, anzi: era un uomo all’antica, molto duro, che si prese subito a cuore la mia educazione che, a suo dire, suo fratello aveva trascurato.
    
    Per me cominciò un periodo di dura disciplina: dopo le mie ore di faticoso lavoro non potevo andare a riposarmi uscendo con i miei amici ma dovevo tornare subito a casa per svolgere quei lavori che mia madre non poteva fare. Se sgarravo erano dolori: lo zio mi puniva duramente, mi portava ...
    ... nella “stanza della disciplina”, come la chiamava lui, e me le dava di santa ragione. Ceffoni, sculacciate con il cucchiaio di legno a culo nudo sulle sue ginocchia, cinghiate sulle gambe nude: non mi fu risparmiato niente e anche mia madre, alla fine, si convinse che il metodo educativo dello zio era il migliore per farmi rigare diritto. Molte volte era lei stessa che, non appena la contraddicevo, chiamava lo zio Mauro e gli chiedeva di portarmi nella “stanza della disciplina”. Da dove uscivo con il sedere rosso, il viso rigato di lacrime e tanta umiliazione dentro.
    
    Non avevo tempo per nulla e anche quelle poche ragazze che riuscivo a incontrare finivano per lasciarmi, dato che non avevo mai tempo libero.
    
    E così passò la mia adolescenza, fra lavoro duro, botte dallo zio a ogni più piccola mancanza e rari momenti di svago.
    
    Oggi ho 19 anni e sono diventato un uomo, un gran bell’uomo, dicono: moro, occhi scuri, bel fisico temprato dalla fatica di un lavoro duro, muscoli giusti e un bel corredo di pelo sul petto, sulle gambe e sulle braccia. Ma potevo godere pochissimo di queste virtù che la sorte mi aveva regalato.
    
    Sei mesi fa le cose peggiorarono ulteriormente: una sera, rientrato a casa dopo una delle mie rare uscite con gli amici, lo zio Mauro mi affrontò e, dopo avermi rifilato i soliti dolorosissimi quattro ceffoni, mi disse che ero un irresponsabile, che avrei dovuto lavorare di più per pensare alla mia povera madre malata e che lui era stanco di passarci del ...
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