1. Tess e lo Psicopatico - capitolo II


    Data: 29/12/2020, Categorie: Trans Autore: Koss, Fonte: EroticiRacconti

    Aveva elaborato un piano diverso da quello iniziale. Non poteva rapirla la sera quando era nel salone. Come poteva fare con tutta quella gente che la circondava e la bramava? Non poteva rapirla neanche se andava in bagno, anche lì c’era troppa gente e poi chi poteva dirlo che sarebbe andata in bagno? E non poteva rapirla neanche seguendola quando con un cliente fosse andata di sopra. Sia le scale che l’ascensore erano sorvegliati da uomini grossi almeno quanto lui che facevano passare solo le ragazze con i loro clienti.
    
    Si presentò a metà pomeriggio con un carrello e dentro il carrello una cassa di quasi due metri di lunghezza, gli altri lati erano di circa mezzo metro. Aveva noleggiato un furgone, sopra ci aveva scritto con adesivi: furniture factory. Il suo inglese non era male, ma non sarebbe mai riuscito a farsi passare per americano. Ora sperava di avere tanta fortuna, le cose che potevano andare storte erano innumerevoli, compreso il fatto che poteva non trovarla. Indossava un pesante giaccone, un cappellino che gli copriva una parte del volto e degli occhiali scuri, aveva trovato anche un paio di baffi posticci e guanti di lavoro.
    
    All’ingresso del complesso fu fermato dalla sicurezza. Disse che doveva consegnare un mobile alla stanza 107 del primo piano. Sapeva che lì stavano le ragazze, anche se non sapeva quale era quella di Tess. La sera prima aveva visto che l’ascensore si era fermato al primo piano, ma naturalmente non sapeva in quale stanza poi Tess aveva ...
    ... portato il suo cliente.
    
    L’uomo al cancello, era perplesso, nessuno lo aveva avvisato, ma non era la prima volta che succedeva. Quel posto era letteralmente un casino. La sicurezza funzionava davvero solo la sera, quando arrivavano i clienti. Durante il giorno era un via vai incontrollabile. Volle vedere il documento di consegna. Lui gli fece vedere un foglio, nella sua vita per il suo lavoro, ne aveva compilati tanti, certo, qui c’era la lingua che lo poteva fregare, rispetto a quello che aveva scritto e rispetto a come parlava. Ma sapeva che in quella parte d’America c’era un’infinità di immigrati che lavoravano e parlavano l’inglese peggio di lui. Anche quello che sorvegliava il cancello era un immigrato e leggeva con una certa fatica. Gli spiegò di andare sul retro e prendere il montacarichi. Ci andò, parcheggiò, tirò giù il carrello con la cassa e prese il montacarichi. Stava sudando, nonostante la giornata rigida. Ora era nel corridoio del primo piano, molta penombra e luci tenui, una spessa moquette per terra. Sapeva che era pazzo a compiere un rapimento in un paese che non conosceva. Sapeva che rischiava anche la pena di morte se le cose fossero andate male, ma sapeva che stava male se non otteneva quello che voleva, molto male. Conclusione: doveva rischiare.
    
    Bussò alla prima porta, non rispose nessuno, aprì e vide che non c’era nessuno. Alla porta successiva rispose qualcuno che stava dormendo e che poi, strascicando i piedi, venne alla porta. Lui vide una bella ...
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