1. Adattarsi alla collettività


    Data: 24/12/2020, Categorie: Etero Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Dovevo essere brillante, capace, efficiente, produttiva e valida ragazza, sì, veramente di quella natura dovevo apparire: castigo, dovere, impronta e tormento di mio padre, di mia madre e di tutti. Certa e convinta d’essere nata con un corredo genetico da madonnina infilzata, visto che mi sono sempre tenuta alla larga dai maschietti. A un certo punto della mia vita iniziai persino a detestarli e a disapprovarli, come fa la volpe con l’uva quando non riesce a raggiungerla definendola e qualificandola acerba. Io ero però più giudiziosa e saggia, altrimenti ero autolesionista, perché le colpe e in ultimo gli sbagli ciononostante gli attribuii interamente a me stessa.
    
    Con il tempo che avanzava mi persuasi accettando e convincendomi in definitiva perfino d’essere lesbica, dal momento che lo avevo scritto inserendolo anche sulla grammatica greca negli appunti vicino alle coniugazioni dei verbi. Le donne mi facevano perdere la ragione, giacché quando sfogliavo il settimanale femminile “Gioia” e delle modelle guardavo solamente le tette, eppure erano troppo piccole per i miei gusti, poiché io le volevo giganti e sode, erette sotto la gola con i capezzoli di generosa e di riconoscente pienezza. M’infilavo costantemente delle mele di dimensioni equivoche sotto le maglie, mi guardavo allo specchio e mi sentivo super figa, anche quando uno dei due frutti cascava e sembrava in paragone con quello rimasto nell’originaria posizione del “prima” e del “dopo” l’intervento.
    
    La mia ...
    ... amichetta al quarto anno delle scuole elementari portava già la terza misura di reggiseno, visto che oggi sfoggia una quinta misura polposa e prosperosa, mentre l’ammiravo invidiandola enormemente. Io sembravo piallata, poiché neanche a regola d’arte m’avrebbero potuto creare e modellare così bene, fra i due seni avevo un ossicino che spuntava fuori, in quanto era un accavallamento dello sterno. Insomma, di massa aggiuntiva avevo solamente qualcosa di sbagliato, però pur sempre di distintivo e di particolare. Alle scuole superiori le tette mi erano cresciute, erano diventate sode e tonde di dimensioni medie, per il fatto che mi ritenevo fortunata, sì certo, però sentivo che non mi sarebbero servite a nulla. Le mie amiche si facevano sverginare sui motorini, nei boschetti della provincia, tra i divani delle discoteche, mentre io rimanevo a casa ripetendo i concetti e gli schemi di greco. I miei genitori erano felici, raggianti e soddisfatti, perfino entusiasti ed estasiati nell’aver messo al mondo un’efficiente, funzionale e solerte macchina a comando.
    
    A scuola i professori s’inchinavano durante i colloqui con i genitori celebrando e in conclusione lodando e decantando interamente le mie capacità. Poi c’era il disegno, certo sì, una dote naturale che m’ha flagellato e vessato indubbiamente l’esistenza, perché persino i parenti mi commissionavano degli schizzi, per il fatto che una vecchia prozia un giorno mi disse:
    
    “Questo ritratto lo conserverò io, sia mai che tu diventi nel ...
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