1. Il direttore


    Data: 25/10/2020, Categorie: Lesbo Autore: HarrymetSally, Fonte: Annunci69

    Non era un periodo roseo, per il mio settore. Molte aziende avevano effettuato “tagli” alla formazione, e anche i miei incarichi di consulente esterna erano messi a repentaglio da tumultuosi cambi ai vertici. Perdevo i vecchi contatti e faticavo a farne di nuovi, perché mi ero un po’ adagiata sui miei successi e mi ero illusa di poter fare a meno delle pubbliche relazioni. Quanto a soldi non me la passavo male, ma l’inerzia di quel momento mi faceva sentire impotente e spaesata, come un cespuglio rotolante trascinato dal vento del deserto.
    
    Intrappolata in un matrimonio con un uomo che disprezzavo e in balia di un amante che non si decideva a rapirmi una volta per tutte, trovavo vaghe ed effimere consolazioni in storie di una notte che costruivo nella mia mente per renderle accettabili al mio corpo, di solito esigente e volubile. Volevo darmi via, svendermi per provare un’emozione, ma tutto durava quanto un preservativo acquistato a un distributore.
    
    Fu per questo senso di futilità che accettai un incarico per cui non mi sentivo più portata. Si trattava di una valutazione di stress lavoro correlato per la sede italiana di una nota multinazionale nel campo dell’elettronica. Da quando mi ero specializzata in coaching aziendale, non mi capitava spesso di essere chiamata per questo genere di situazioni, e a essere sincera le trovavo noiose e piuttosto inutili. Tutto consisteva nel dire al direttore di sede ciò che detestava ascoltare, negoziare gli aspetti formali e ...
    ... produrre un rapporto finale il più superficiale possibile, nel gattopardesco equivoco di cambiare tutto affinché ogni cosa restasse uguale. Visto il tipo di società e lo statuto della filiale, mi aspettavo le solite, alienanti situazioni da catena di montaggio, appena mascherate con qualche rituale new age studiato apposta per far dimenticare a tutti che in fondo si trattava sempre di farsi il culo affinché qualcun altro potesse fare soldi.
    
    Concordai il compenso e l’agenda degli appuntamenti, e una settimana dopo ero sul campo. Mi approcciai a quella prima giornata di lavoro con l’entusiasmo travolgente di un elefante obbligato a stare in equilibrio su uno sgabello, mentre i bambini tutti attorno ridono e ingurgitano pop-corn. Eppure, con il passare delle ore, mi resi conto che i miei pregiudizi erano ingiusti.
    
    Quel gruppo funzionava! Si respirava grande coesione, e i talenti individuali erano valorizzati in un clima di rispetto reciproco. Si lavorava sodo e c’era competizione, ma ammantata di un senso di appartenenza che stemperava i conflitti.
    
    Cosa ancor più rara, donne e uomini lavoravano fianco a fianco senza tracce di prevaricazione o sessismo. Mi trovavo dentro un capitolo di un saggio sul team-working perfetto, e ogni pagina era una deliziosa sorpresa.
    
    Ancora più rimarchevole, questo forte spirito di squadra non era ottenuto a prezzo di estenuanti corsi di formazione e ritiri. Nessuno di questi impiegati aveva dovuto andare in cima a qualche colle del bresciano a ...
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