1. Prova di forza


    Data: 14/10/2020, Categorie: Dominazione / BDSM Lesbo Autore: Giovanna, Fonte: RaccontiMilu

    ... decidere anche del mio abbigliamento e continuò a sorprendermi.
    
    Mi fece indossare una mini attillata nera, ed ai piedi dei calzerotti arrotolati e gli scarponi da trekking (li porto sempre con me, non si sa mai).
    
    Per l’intimo, decise per me delle mutande nere, enormi, estremamente elastiche, che avevo preso per i giorni peggiori del ciclo. Sopra, un reggiseno a mezza coppa, con il corpetto, che avevo comprato nei saldi. Una sola volta ci avevamo giocato in una nostra “seratina fetish”: però ero certa di non avercelo messo io, in valigia.
    
    Subito dopo, altro colpo di scena! Mi “regala” seduta stante, una camicetta a quadretti, di una o forse due misure più piccola rispetto al giro del mio seno.
    
    – Questa la può indossare solo la Barbie … ma come mi hai conciata? – mi guardai allo specchio, schifata – Non penserai che io vada in giro così? Sembro Heidi che va a fare la puttana! –
    
    Ma Nunzio mi zittì con un bacio sulle labbra, molto complice:
    
    – Amore, te l’ho già detto, la notte qui è speciale e ci sono localini molto particolari. –
    
    – Ma non capisco quest’abbigliamento, però. – ribattei – Una donna non dovrebbe essere più carina, la sera … no? – mi aveva abbastanza smontata e mi sembrava di dover partecipare a una festa di carnevale.
    
    Nunzio rise, senza rispondere.
    
    Mi rassegnai ad accontentarlo, sperando di non dovermene pentire. Uscendo dalla stanza, controllai davanti allo specchio in quali posizioni, la mini metteva di più in mostra il mio culetto, ...
    ... per starci attenta, non volevo eccedere e mi vergognavo un po’.
    
    Appena fuori, ci perdemmo tra lo sciamare dei ragazzi per le stradine della città vecchia. Le undici erano passate da un pezzo.
    
    Quando, camminando spediti tra la folla, mi resi conto che nessuno mi cagava più di tanto, mi sentii comoda e a mio agio, soprattutto grazie ai miei scarponcini, robusti e leggeri.
    
    Con sorprendente dimestichezza, Nunzio infilò un vicoletto laterale, poi raggiungemmo una stradina che, alla fine, ci condusse ad un piccolo cortile, abbastanza fuori mano.
    
    Una porticina, sotto una scritta fiocamente illuminata, portava ad una scala, che scendeva al di sotto del livello della strada.
    
    Sul cartello di legno, in caratteri al neon, c’era scritto semplicemente: HARD.
    
    Due buttafuori, all’ingresso, ci squadrarono, poi ci lasciarono passare, come se ci avessero riconosciuti.
    
    Discese le scale, arrivammo in un locale, molto più ampio di quanto avessi potuto immaginare. Sembrava un vecchio magazzeno; i soffitti erano formati da volte a botte, che s’incrociavano su enormi pilastri quadrati.
    
    Il rivestimento era a mattoncini rossi, molto vecchi, forse era quello originale; l’arredamento era in legno scuro e anch’esso aveva un aspetto estremamente vissuto ma robusto.
    
    Non c’era odore di umido né aria stantia, era vietato fumare, però il calore umano che emanava dai numerosi clienti era tangibile.
    
    Notai che qualcuno sorrideva a Nunzio, compreso il barista, un bel ragazzo di colore ...
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