1. Mani


    Data: 10/08/2020, Categorie: Lesbo Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    ‘Perché mi tocchi così?’ – era stata la sua inquisitoria richiesta.
    
    Io non avevo fatto nulla, dal momento che avevo soltanto avvolto il suo braccio all’altezza di quell’ascella tiepida con la mia piccola mano, per il fatto che per prendere tutta la sua pelle avevo mosso le dita che si erano arrampicate in alto, avvolgendo il calore del cotone bianco e sotto della sua carne rosa:
    
    ‘Perché ti tocco così? Non saprei, per camminare più attaccata a te’ – avevo risposto io ingenuamente lasciando la risposta in sospeso e abbassando lo sguardo sulle mie scarpe alte, che spiccavano sul selciato di quel colore simile all’ardesia.
    
    Allora lei ha sfilato piano il suo braccio dal mio, poi come una sarta agile, diligente e precisa l’ha infilato di nuovo nel mio, un filo sottile nell’ago pieno, la stoffa bianca nella cruna nera, m’ha afferrato la mano, l’ha stretta decisa nella sua, che nelle foto ricordavo lunga e ossuta, in realtà fredda e piccola. Quelle mani fredde, poiché &egrave un ricordo dell’adolescenza, di camerate buie, di colonie estive, d’amori che ne sostituiscono altri, di vuoti imbottiti e riempiti da volti troppo simili ai miei. Le mani fredde che scivolano e passano sui corpi accaldati e nudi dal sole del giorno, le mani fredde, avide e curiose di qualcuna come me, sul mio corpo e sul suo, con quel gioco fatto in silenzio in quel nel letto piccolo ma talvolta anche enorme.
    
    Tu m’hai preso la mano camminando con un’andatura che rallentava sempre più, lo sai che ...
    ... hai una mano bella, &egrave una mano sensuale ripeteva sussurrando e abbassando nel contempo il suo viso verso il mio, intanto che io guardavo fissa davanti a me cercando come Arianna il filo del discorso, perché con le sue dita toccava ogni snodo delle mie. Alzava e scendeva, avvolgeva e sbrogliava, carezzava e massaggiava in maniera incessante. Io parlavo del tempo, del viaggio, della partenza e del ritorno, al presente ho davanti a me uno spaccato di questa città che talvolta disprezzo, perché m’offre proponendomi posti e scene che vorrei rapidamente dimenticare. Ebbene sì, quei palcoscenici d’amori che sono passati e andati, &egrave una città che biasimo e incolpo, perché mi solleva la sua gonna oscena sempre nello stesso posto, sempre nello stesso sole e nello stesso calore. Io le avrei succhiato in maniera golosa il labbro più pieno, quell’inferiore che i bambini sporgono per la precisione quando s’imbronciano e stanno per piangere, dato che nelle foto lo rivedo sempre, come una freccia, giacché il mio occhio cade lì sul particolare rosa e impudico.
    
    Lei rideva con uno scivolare della risata come una piccola cascata, io avevo la mia mano sinistra imprigionata nella sua destra e lei m’andava dalla punta all’incavo tra un dito e l’altro percorreva quella V e risaliva piano, troppo adagio e oltremodo celermente. Io ero tra quelle dita, guardavo fissa davanti a me, vedevo l’obelisco che s’avvicinava troppo rapido, la piazza s’avvicinava, tra un po’ sarei andata via. Nello ...
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