1. Mal d'Africa ( Alla maniera di Tibet ) Pt.2


    Data: 17/09/2017, Categorie: pulp, Autore: Hermann Morr, Fonte: EroticiRacconti

    La mattina dopo ero ancora così. Messaggiai all'amico la mia intenzione di rimanere in albergo a cazzeggio e che non si preoccupasse, ma in realtà mi stavo già vestendo, con l'intenzione di tornare da solo al Rhodes Memorial, dove inizia il sentiero che sale al monte.
    
    Avevo camicia nera a maniche corte, pantaloni di lino color tabacco, sandali a frate, si, ci faccio anche le salite in montagna coi sandali. Quando ci si muove da soli è importante rimanere nei percorsi sorvegliati, ma volevo anche camminare, così mi feci lasciare da un taxi davanti al complesso sportivo di Rondebosch, un bel parco dotato di un ponticello pedonale per attraversare il torrente Liesbeek.
    
    Oltre il ponte, la ferrovia mi sbarrava il cammino, mi trovai a seguire il suo corso per una strada deserta, tutti complessi scolastici con recinti a rete, da cui spuntavano cespugli con fiorellini azzurri. Solo alla stazione di Rosebank fu possibile attraversare, per proseguire lungo il campus universitario, che è discretamente sorvegliato e si arrampica sulle prime pendici del Tavoliere, fin davanti alla mia meta.
    
    Una cosa buona del campus è che ha molte strade pedonali, dove si può evitare il traffico, perché in Sudafrica non usa rallentare. Ci sono posti, come le compagnie diamantifere, dove la vigilanza apre il fuoco, se vede qualcuno rallentare. Ci sono posti dove rallentare significa finire circondati e come minimo rapinati. Si fa presto a perdere l’abitudine.
    
    Così mi trovavo nel posto giusto ...
    ... per sottrarmi a quel senso d’urgenza che mi aveva preso al risveglio. Il cammino degli amanti, Japonica Walk, il sottopassaggio che porta ai campi da rugby, tutti sentieri lastricati in cotto tra prati all’inglese, con statue in bronzo abbandonate qui e la casualmente, e begli edifici ai margini.
    
    Oltre il campo da rugby costeggiavo il nucleo interno dell’università, fatto di edifici in pietra coperti di rampicanti, distribuiti su terrazze collegate da bianche scalinate.
    
    Sull’altro lato, annesso al complesso sportivo, il bar degli studenti è una specie di casamatta in cemento grezzo, una scultura lisergica. In quella stagione era uno dei pochi luoghi ancora animati, mi sentii chiamare dall’entrata, una delle amiche dell’amico mi aveva riconosciuto.
    
    Ernestina, una bella negra, colta, ansiosa di conoscere il mondo e discutere con viaggiatori venuti da lontano.
    
    Normalmente mi sarei fermato subito, le avrei chiesto se avesse già fatto colazione, mi sarei seduto con lei e le avrei raccontato l’Italia solo per poterla vedere sognante. Forse avrei buttato li anche due versi di Petrarca, una frase di Goldoni, la lingua italiana le fa bagnare, è infallibile.
    
    Non quel giorno però.
    
    Per quanto scappassi, l’inquietudine era più veloce di me e mi trascinava ancora avanti, salutai appena, non la invitai neppure a seguirmi per la lunga curva oltre il campo, da cui si stacca il sentiero per il Memorial.
    
    Arrivai da solo alla caffetteria nascosta dietro il monumento. Sta in ...
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