1. Sono satura di te


    Data: 21/06/2019, Categorie: Etero Sensazioni Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Quanto tempo è passato da allora, azzarderei proclamare una vita, eppure ho ancora tutto distinto e in modo nitido stampato nella mia mente. Avevo diciannove anni appena compiuti, era una fredda giornata d’aprile e dopo aver trascorso la mattinata al club con gli amici, decido di concedermi amabilmente un caffè al bar dalla mia amica prima di rientrare a pranzo dai miei genitori. Dunque entro e ordino il caffè, m’avvicino all’impianto stereo accanto al bancone e premo il tasto del brano n. 2 del lettore CD: ‘Love To Love You Baby’ di Donna Summer. Io adoro tantissimo questa canzone e le mie gambe non possono fare a meno di seguirne il ritmo, perdendomi adorabilmente nelle sue note che trascinano in maniera coinvolgente almeno nel mio caso. Frattanto nel locale entra della gente, avverto un tuffo al cuore, riconosco la tua voce e i tuoi passi, capto distintamente che t’avvicini e che sei dietro di me. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che sei tu, perché la tua bocca è sul mio collo, giacché m’offre un lieve bacio come modo di saluto, io mi volto, ti sorrido e vado a sedermi per bere il caffè. Ti siedi accanto a me, avvicini ancora di più la sedia, le nostre gambe si sfiorano e i nostri sguardi s’incrociano studiandosi. La tua mano adesso è collocata sul mio ginocchio, il mio respiro si blocca però non dico nulla, adesso sale leggermente sulla mia coscia e afferra il tessuto dei collant con le dita, tu lo rilasci e lo riprendi per poi ricominciare ad accarezzarmi la ...
    ... gamba. Io faccio fatica a tenere ben salda la tazzina, perché ho un leggero tremore alle mani mentre tu mi sussurri: ‘Andiamo?’. Non serve chiederti dove, io replico soltanto debolmente che devo rientrare a casa, tu mi chiedi intenzionalmente d’inventare una valida scusa. Non l’ho mai fatto prima, eppure dal telefono chiamo mia madre per avvisarla che resto per pranzo da un’amica quindi usciamo. Non servono le parole tra di noi, confabulano soltanto i nostri profondi sguardi che ogni tanto ci scambiamo di sfuggita. Camminiamo affiancati e in silenzio, dato che conosco perfettamente la strada, perché ci sono venuta tante altre volte, sia con te sia con gli amici che per far baccano in maniera indisturbata. Non siamo neppure in periferia, eppure basta salire il viottolo per ritrovarsi dopo neppure due minuti di strada in aperta campagna. Il cielo è d’un colore grigio cupo, fa freddo, malgrado ciò non ce ne curiamo, tu m’afferri per mano e ci avviamo verso il solito posto, uno spiazzo con una grandissima quercia secolare. Le tue mani sono sui miei capelli, ci giochi, li soffi, poi risalgono sul viso e si fermano sulle labbra, io m’accingo a leccarti le dita, ci leviamo il giubbotto e lo poggiamo su d’un ramo, le tue mani s’introducono sotto il maglioncino e trovano la mia pelle nuda, però non ti stupisci perché sai che uso il reggiseno molto raramente. In quell’occasione mi sfiori i capezzoli delicatamente, quasi come se avessi paura di farmi del male, poi ti slacci i pantaloni ed ...
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