1. Montecalvario blues: "Videosorveglianza"


    Data: 04/03/2019, Categorie: Masturbazione Autore: renart, Fonte: EroticiRacconti

    Carmine Cammarota (cfr. il racconto "Il portinaio") se ne sta svaccato su una vecchia poltroncina girevole in guardiola, davanti ai monitor delle telecamere interne. Alterna una sorsata di lager in lattina ad una boccata di toscano aromatizzato al caffè e di tanto in tanto rutta sonoramente, grattandosi una molle e pelosa porzione di ventre non trattenuta da una canottiera lercia, dal colore indefinibile. Un vecchio ventilatore smuove aria calda, alitandogli tra le ciocche dei capelli unti e grigiastri, tenuti alla meglio sulla nuca con un elastico. Sui cinquanta – ma l’alcol, la cattiva alimentazione, una fetta di vita consumata sui marciapiedi e sulle panchine di innumerevoli stazioni ferroviarie gli gravano sulla groppa almeno un decennio in più - due lauree chiuse in chissà quale cassetto, nella sua vita precedente Carmine era stato un brillante professore universitario, una star nel suo Dipartimento, che riempiva le aule con i corsi di filosofia politica, sempre in giro per le più prestigiose Università del globo che scazzottavano tra loro per strappargli un ciclo di conferenze. Poi una matricola – della quale non ricorda nemmeno il nome, ma che nei suoi ricordi si materializza in uno sguardo satanico che gli ammicca da dietro una spalla, mentre lui sbafa e ansima sui suoi biondi e lisci capelli setosi e profumati, tenendola per i fianchi levigati a forma di violono e affondando il ventre fra le chiappe tonde e dure - lo mise nei casini per una storia di sesso e coca, e ...
    ... il prof. da un giorno all'altro vide la sua carriera stroncarsi di colpo. Dopo qualche anno di vagabondaggio, rientrò nel circuito dell’istruzione, ma come personale ATA, bidello insomma, ma non passa molto - per la serie il lupo perde il pelo ma non il vizio (e si capisce, a questo punto, di che pelo stiamo parlando!) - che si ritrova ancora a girovagare bar bar senza un lavoro e con pochi spiccioli in tasca.
    
    Viveva di espedienti, Carmine Cammarota, portando la spesa alle vecchie per i vicoli di Montecalvario o ramazzando a fine serata il locale di qualche gestore che lo aveva preso in simpatia. Raramente rimediava lezioni private di latino o greco o qualsiasi altra materia che rientrasse nella sua ampia sfera di competenze. Più spesso gli capitava di vendere traduzioni di versioni a liceali scansafatiche e ben messi a grano – e quelli erano i ricavi migliori, prima che la diffusione di internet rendesse poco spendibile la sua conoscenza delle lingue cosiddette morte. Poi, il colpo di culo: un amico – un vecchio amico, un phantasma apparso dal gorgo della sua vita precedente – lo incontra ubriaco per strada, lo riconosce, se lo porta a casa, gli dà una ripulita, da mangiare e un vestito nuovo e lo raccomanda, infine, ad una sua conoscente, una ricca matrona del quartiere alto che gli rimedia un lavoro da portiere in uno degli stabili di sua proprietà sito in via Toledo, di quelli con la doppia faccia, una che dà sulla strada dabbene dello shopping, l’altra sulla vita dei ...
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