1. Senza polemizzare


    Data: 17/12/2018, Categorie: Etero Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Quel periodo di tanti anni addietro non era stato un periodo gelido come gli altri anche se integralmente la stagione lo portava immancabilmente a credere, poiché i gesti e i segni certo erano i medesimi così come pure gli orari e persino i sorrisi. Stentava difatti persino a riconoscersi, sentendo la propria voce dire parole che non aveva pensato, per il fatto che erano lì da qualche parte nella sua testa, come evidenti avanzi e ansiomatici sedimenti dimenticati, per il semplice fatto che sgorgavano leggere e vuote dal momento che soltanto gli altri parevano riconoscerle, in effetti forse le aspettavano, giacché comparivano presentandosi quasi come dovute, tutto qui.
    
    Le ore scorrevano e quasi non se n’&egrave accorgeva perché il suo pensiero galleggiava altrove, inevitabilmente dentro una dimensione, irreparabilmente in un parametro ancora da riuscire ad arrivare, in realtà non era il futuro che ormai non le importava né il domani, perché non aveva più senso, era unicamente un tempo imprecisato e vago quello che realmente le interessava, articolato nei suoni gutturali d’una voce che poteva arrivare in qualunque momento del giorno o della notte, in quanto lei si trovava a essere effettivamente sé stessa, quanto un animale ingordo che sbrana brandelli di vita senza curarsi di niente e di nessuno, perché era già successo.
    
    Sapeva chiaramente che sarebbe di nuovo accaduto, come e quando avrebbe voluto lui, visto che lo squillo del telefono non le provocava neanche ...
    ... l’apprensione né il batticuore, visto che era un anestetico puro, poiché bastava soltanto un trillo e le fibre nervose interrompevano immediatamente le connessioni, quelle che non servivano restavano, rimanevano solamente integre unicamente quelle necessarie, residui arcaici adatti alla sopravvivenza bruta e disumana. Allora s’alzava con calma e si stupiva delle mani senza tremito, mentre rispondeva con il tono piatto che sentiva giungere dal profondo di quel ribollire della palpitante tempesta. A volte credeva di sognare, cosicché chiudeva gli occhi ascoltando quella voce arrivare da lontano da un imprecisato e vago dove. Lei però non voleva un sogno, allora riapriva gli occhi e rispondeva, tentava una domanda per una risposta che non avrebbe ricevuto.
    
    ‘Sta’ zitta e ascolta’.
    
    Lei taceva registrando mentalmente mozziconi di frasi deformate e storpiate intenzionalmente, nonostante ciò anche questo non aveva alcun peso e finalmente buttava all’aria tutto ciò che non le apparteneva, tutto ciò che rappresentava la sua vita fino a quel momento, o meglio fino all’attimo in cui per la prima volta aveva sentito distintamente quella voce:
    
    ‘Che cosa ci fai in questo luogo, precisamente qua nel mio territorio?’.
    
    Lei si era spinta più lontano del solito nel parco all’imbrunire, perché aveva avuto bisogno di correre e le pareva di non toccare la terra con le scarpe da corsa, fasciata dentro quella tuta morbida e colorata rallentando e girandosi per indovinare i tratti di un’ombra ...
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