1. ammaestrami, disse la volpe…


    Data: 08/11/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Etero Autore: scaaty, Fonte: RaccontiMilu

    C’eravamo conosciuti un anno prima, circa.
    
    Ad una di quelle ‘cene in piedi’ tra amici e conoscenti, alle quali c’&egrave sempre troppa gente e troppo poco da mangiare.
    
    Alla fine eravamo rimasti in pochi, seduti sui divani, e tra un po’ di vino, qualche superalcolico e anche un paio di canne leggere che erano girate nel gruppo, si era finiti a parlare di sesso.
    
    Avevamo parlato dei rispettivi ‘sogni’, chiamiamoli così, e insomma tra una risata imbarazzata e il darsi di gomito dei maschietti, anche io avevo detto la mia.
    
    – possedere una schiava, anzi, addestrare una schiava, da zero –
    
    Fischi, risate, commenti volgari.
    
    – in che senso? Spiega, spiega!!! ‘ chiese qualcuno
    
    – nel senso che vorrei una donna che accettasse di diventare la mia schiava’ ma non per qualche ora, o una notte’ vorrei prenderla, e addestrarla, fino a che non diventi esattamente come la voglio io –
    
    – eeeeehh’ – disse una voce ‘ ma come fa? Una dovrebbe mollare la vita, il lavoro, tutto’ solo per obbedire a te? –
    
    – diciamo di sì ‘ risposi ‘ poi, la potrei anche pagare, una sorta di stipendio, se questo ti preoccupa’ –
    
    La cosa finì lì.
    
    Altre fantasie, altri racconti, altre battute.
    
    Per oltre un anno, non ci ripensai.
    
    Poi, un giorno, mentre uscivo dall’ufficio, la portinaia mi fermò ‘ dottòro, dottòro’ –
    
    – mi dica, Clementina –
    
    – hanno lassata unàbbusta p&egravellei’ – disse, allungandomi una busta commerciale, gialla, con scritto il mio nome e ‘PERSONALE’.
    
    – hanno ...
    ... detto così di non dàlla al suo ufficio’ solo àllei pessonammente’ – aggiunse la portinaia.
    
    Annuii, presi la busta e la infilai nella tasca interna della giacca.
    
    Avevo una riunione, e quindi presi al volo un taxi, e mi concentrai ripassando documenti di cui avrei dovuto discutere, che tirai fuori dalla cartelletta che avevo con me, dimenticando la busta.
    
    La riunione durò più del previsto, e rientrai a casa tardi.
    
    Mi preparai un’insalata, e andai a cambiarmi.
    
    Come sempre, prima di appendere la giacca nell’armadio controllai le tasche, e ritrovai la busta.
    
    La buttai sul letto, e mi cambiai, mettendomi qualcosa di comodo.
    
    Presi la busta, e mentre mi sedevo a tavola, la aprii.
    
    C’era un solo foglio, bianco, scritto a mano, con una grafia femminile, precisa e stretta.
    
    Ciao,
    
    scusa se ti ho lasciato questa busta alla portineria dell’ufficio, ma il tuo nome e il gruppo per il quale lavori erano l’unico contatto che avevo.
    
    Spero ti ricordi di me. Sono Cristina, ci siamo conosciuti alla cena di XXX, un anno fa.
    
    Scusa se ti disturbo, ma vorrei parlarti di una cosa a cui tengo molto.
    
    Mi puoi scrivere a cristina…@….org
    
    Grazie.
    
    Nient’altro, tranne nome e cognome.
    
    Misi da parte la lettera.
    
    Mangiai, poi ascoltai un po’ di musica, leggendo un libro sull’ipad.
    
    Mentre Lou Reed raccontava in sottofondo la vita dei bassifondi di NY, all’improvviso aprii il browser sull’ipad e inserii nome e cognome che erano nella lettera.
    
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